La caccia della Guardia di Finanza alle frodi nel carburanti non conosce tregua e solo nei primi quindici giorni di quest'anno ne sono state scoperte tre. La serie inizia il 10 gennaio a Brescia, quando gli agenti della Finanza hanno concluso l'operazione Free Fuel su un traffico di carburante "fiscalmente inquinato" che ha interessato sedici milioni di tonnellate di prodotto importato da Slovenia e Croazia: Dopo l'importazione in Italia, l'organizzazione lo trasportava con autocisterne in alcuni depositi fiscali a Roma, Genova e Vigevano (Pavia) e poi lo consegnava in breve tempo a distributori stradali.
Nello stesso tempo, per rivendere il carburante senza versare l'accisa, la documentazione di tale prodotto compiva un viaggio più tortuoso. Quando usciva dai depositi sloveni e croati, il carburante risultava venduto a due società appositamente create in Bulgaria e Romania e poi rifatturato ad altre due società italiane, anch'esse appositamente costituite, che dichiaravano le imposte ma non le versavano allo Stato. Queste ultime società rivendevano regolarmente il carburante ai distributori, che erano convinti di acquistarlo regolarmente.
Le due società italiane avevano sede a Napoli, in un edificio definito dalla Finanza un "bunker", perché era dotato di un ingresso blindato e telecamere di sorveglianza. Complessivamente, le società hanno generato un giro d'affari per oltre 65 milioni di euro. Al termine dell'indagine Fuel Free, la Procura di Brescia ha arrestato sette persone e ha applicato misure interdittive per altre due, disponendo anche il sequestro di beni per oltre 5,2 milioni. Secondo gli inquirenti, dietro le quinte di questa frode ci sarebbe la Camorra.
La serie prosegue il 12 gennaio a Palermo con il sequestro di cinque distributori alla conclusione di un'indagine iniziata nel 2013 verso uno degli impianti coinvolti, che aveva il sistema di misurazione del carburante erogato manomesso, ovviamente a favore del venditore. Dai documenti allora sequestrati dai Finanziari emergeva che questa frode non era un caso singolo, ma faceva parte di un'organizzazione.
La Finanza ha così approfondito l'inchiesta, scoprendo un'associazione delinquere che aveva intestato a prestanome una rete di distributori di carburanti che non si limitava a manomettere i misuratori, ma che produceva fatture per operazioni inesistenti e vendeva come gasolio, senza versare l'accisa, olio lubrificante importato dall'Albania o dagli impianti di rifornimento delle navi. Questa frode avrebbe evitato il versamento di sette milioni per l'Iva e di due milioni e mezzo per le accise.
Al termine dell'indagine, la Procura ha disposto l'arresto di nove persone e posto sotto indagine complessivamente 42 persone, sequestrando cinque distributori a Palermo. Gli inquirenti ritengono che in questa frode ci sia l'interesse di Cosa Nostra, anche se non sono stati contestati agli indagati reati connessi alla criminalità organizzata. Però, la Finanza ha trovato un anello di congiunzione tra l'organizzazione e Cosa Nostra tramite un esponente considerato vicino alla mafia.
La terza operazione si è conclusa il 16 gennaio a Crotone, dove la Finanza ha scoperto un contrabbando di prodotti petroliferi con un mancato versamento all'Erario di circa un milione di euro. In questo caso, la banda ha venduto come gasolio dell'olio lubrificante, che non è soggetto ad accisa. L'indagine è iniziata nel 2016 dopo il sequestro a Cutro di un'autocisterna polacca carica di gasolio, che ha portato a una fabbrica in Polonia che produceva una miscela assimilabile all'olio lubrificante, che era venduta a società della Repubblica Ceca e poi portata in Italia, sempre come olio, per essere venduta al dettaglio come gasolio. Al termine dell'indagine, la Finanza ha denunciato ventuno persone, arrestandone sei.
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