Ci sono voluti sessanta militi della Finanza per completare l'operazione in diverse Regioni, col bilancio di 25 indagati, di cui sei agli arresti domiciliari, e il sequestro di quasi 22 milioni di euro. L'accusa è avere attuato una frode fiscale nei carburanti da 120 milioni di euro. L'inchiesta Drago nero è iniziata nell'estate del 2015 e secondo gli inquirenti è "una delle più ampie e articolate scoperte negli ultimi anni" nel settore dei prodotti petroliferi. Il meccanismo prevedeva due diversi percorsi per il carburante, uno del prodotto e uno dei documenti.
Il viaggio fisico iniziava con l'importazione del carburante dall'estero con autobotti, con destinazione sei depositi a San Severino Marche, Cava dei Tirreni, Capriva del Friuli, Fiumicino, Mirano e Monselice. Il carburante era poi velocemente inviato a diversi distributori stradali, alcuni dei quali direttamente collegati all'organizzazione. Ma il viaggio più importante, e tortuoso, era quello della documentazione, che permetteva di evadere accise e imposte.
La prima fase prevedeva la vendita regolare del carburante a tre società "cartiere" con sede in Bulgaria e nella Repubblica Ceca, gestite dall'organizzazione criminale e poi era rivenduto da queste a sette società, anch'esse "cartiere", italiane e una svizzera (ma con domicilio fiscale in Italia), che le vendevano ai depositi finali incassando l'Iva, ma senza poi versarla allo Stato. Infine, il carburante era venduto ai distributori stradali.
Grazie a questo meccanismo, la banda ha gestito oltre 133 milioni di litri di carburante, proveniente soprattutto dalla Slovenia, che era venduto a prezzi più bassi grazie all'evasione fiscale. Per recuperare l'evasione, il Gip ha autorizzato il sequestro preventivo, a fine di confisca, di beni per 22 milioni di euro. Gli inquirenti hanno sequestrato anche nove distributori, sette società, quote di partecipazione in 26 imprese, più immobili, veicoli e conti correnti.
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