Secondo la Iata, il calo su base annuale rilevato a febbraio (in termini di tonnellate per chilometri) sarebbe dovuto a due fattori non strutturali: il primo è l'aumento anomalo di febbraio 2015, causato da scioperi nei porti statunitensi che hanno spostato merci dal mare all'aereo, il secondo è il Capodanno cinese, che ha ridotto la produzione in Cina. Se confrontiamo i dati del primo bimestre del 2016 con quelli dello stesso periodo del 2014, aggiunge la Iata, c'è una crescita del 6,3%.
Ma il direttore generale e Ceo dell'associazione, Tony Tyler, non sottovaluta la situazione: "il trasporto aereo delle merci resta in una situazione difficile e notiamo pochi elementi che potrebbero migliorarla. In assenza di una ripresa imminente della domanda, resta una priorità l'ammodernamento dei processi, tra cui spicca il sistema e-freight".
Analizzando i dati regionali di febbraio, emerge il calo in quattro regioni su sei. Quello più consistente in termini percentuali (-12,4%) appare nell'area più importante, l'Asia Pacifico, che muove il 39% delle merci globali. Qua si rilevano le maggiori conseguenze delle cause contingenti, perché il Capodanno cinese ha causato la chiusura di numerose fabbriche e la diminuzione delle esportazioni del 25%. Inoltre, proprio i vettori asiatici hanno maggiormente beneficiato degli scioperi nei porti statunitensi.
Nell'America settentrionale il traffico è diminuito del 4% e il futuro dipende da due fattori che influiscono sul commercio estero: l'espansione dell'economia statunitense e il rafforzamento del dollaro. Il traffico europeo è scivolato del 2,4% e non sono previsti miglioramenti a breve termine. Il dato è confermato dalle statistiche dei singoli aeroporti. La movimentazione cargo di Francoforte è calata a marzo dell'1,6% (dopo avere subito un calo del 2015 del 2,6% rispetto all'anno precedente), mentre a Londra Gatwick le merci sono crollate addirittura del 26,1% (più contenuto è il calo di Heathrow, pari al 3,8%). Il cargo scende anche in Africa, dell'1,7%.
A febbraio crescono solamente il Medio Oriente (ma questa non è una novità), anche se solo del 3,7%, a fronte della passata crescita a doppia cifra, e l'America Latina (+2,7%), grazie soprattutto alle rotte con il Nord America e nonostante la persistente crisi dell'economia brasiliana.
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