Lo scopo di questa ricerca è comprendere quale tipo di suono dei segnali acustici coglie maggiormente l'attenzione degli autisti, con lo scopo d'integrare sui camion segnali d'allarme che siano immediatamente comprensibili e che provochino l'appropriata reazione a bordo. Può sembrare un elemento secondario, invece è importante perché l'automazione dei veicoli porta a un'interazione crescente tra il veicolo e il conducente, come avviene per esempio nella guida autonoma o nel platooning.
"Un segnale acustico consente all'autista di effettuare o meno una determinata azione", spiega Christiane Glatz, ricercatrice in neuroscienze cognitive all'Istituto Max Planck. "Se funziona correttamente dovrebbe essere compreso immediatamente e senza alcuna ambiguità. Non dovrebbe richiedere quindi alcuna riflessione. I comandi vocali potrebbero essere compresi in modo ancora più chiaro, ma richiederebbero un maggior impegno mentale per essere elaborati, rispetto a segnali acustici che ci sono famigliari. Basti pensare, ad esempio, al suono delle sirene di un'ambulanza che siamo in grado di comprendere immediatamente".
La percezione di un segnale acustico dipende anche da fattori culturali, che possono influenzarle la percezione. Un segnale efficace, quindi, deve evitare anche tali elementi: "Se sulle strade tedesche o svedesi si suona un corno, questo viene notato con certezza. Un autista italiano, invece, potrebbe non accorgersene nemmeno", ha sottolineato Glatz.
Durante la ricerca, ogni autista ha percorso sul simulatore lo stesso tragitto per venticinque minuti e in questo tempo l'apparecchio ha emesso dodici segnali acustici mischiati ad altri suoni irrilevanti. Quando sentivano un segnale acustico che ritenevano vero, gli autisti dovevano premere un pulsante. L'attività celebrale di ogni conducente era tenuta sotto costante controllo con 64 elettrodi sulla testa, che hanno prodotto un elettroencefalogramma.
Questa ricerca ha prodotto numerose informazioni, che ora devono essere elaborate: "Questo ci darà una solida base per stabilire buoni metodi di simulazione che ci consentono di aumentare la nostra capacità di effettuare test virtuali", precisa Stas Krupenia, Senior Cognitive Engineer. L'attività ha impegnato anche le sedici "cavie", come sottolinea Jeffrey Joslin, uno degli autisti coinvolti nel test: "È stato molto stancante, più che guidare in una situazione normale".
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