L’autotrasporto che lavora per il colosso siderurgico ArcelorMittal entra ancora una volta in stato di agitazione, minacciando il fermo dei servizi. Il motivo è sempre quello del mancato pagamento di fatture relative a lavori già svolti da tempo, cui si aggiunge l’esclusione di alcuni vettori a causa delle condizioni contrattuali penalizzanti. L’agitazione è promossa da Fai, Fisi, Fita Cna, Confartigianato Trasporti e Anita. In una lettera scritta all’azienda, al Presidente del Consiglio e ai ministri dei Trasporti e dello Sviluppo Economico, le cinque associazioni spiegano che “nel corso dell’ultimo anno sono emerse diverse criticità inerenti al rapporto tra le imprese che rappresentiamo e l’azienda in questione; criticità che permangono ed anzi si acuiscono nonostante gli impegni assunti da ArcelorMittal nei diversi incontri avuti con le scriventi associazioni”.
Ci sono prima di tutto i mancati pagamenti di servizi già erogati che “pesano fortemente sulla continuità operativa di imprese di autotrasporto che già nel recente passato non hanno potuto recuperare ingenti crediti maturati con la precedente gestione Ilva”. Inoltre, aggiungono le sigle “l’oggettiva posizione di forza dell’azienda rispetto ai numerosi fornitori le ha consentito di ingenerare un intollerabile sbilanciamento in proprio favore nella definizione dei rapporti contrattuali, al punto da cagionare in alcuni casi l’esclusione unilaterale di imprese che da sempre collaboravano con il siderurgico”.
A tutto ciò si aggiunge l’incertezza sul futuro dell’attività in Italia e la “carenza di punti di riferimento fissi nell’interlocuzione circa le questioni aziendali”. Si è quindi creato un “clima di lavoro insopportabile e la preoccupazione dei nostri imprenditori non oltre sostenibile”. Le associazioni hanno stabilito che in mancanza di risposte soddisfacenti da parte di ArcelorMittal non escludono “il ricorso a iniziative di protesta mirate, ivi compreso il fermo dei servizi di trasporto stessi”.