Tanti elogi e poche risorse: questa è la situazione dell’autotrasporto italiano durante la pandemia di Covid-19, che non solo ha ridotto il volume di trasporto mediamente del 60%, con punte del 90% in alcuni settori, ma che anche per chi lavora sta ponendo enormi problemi. E paradossalmente a porre tali problemi sono anche i committenti, che dovrebbero essere i primi a tutelare un servizio essenziale per la loro attività. In queste settimane sono emersi due esempi concrei che mostrano altrettanti fenomeni: l’aumento dei costi che non sempre viene riconosciuto dalla committenza e il ritardo nei pagamenti dei servizi già svolti.
Il primo esempio viene dalla Sicilia. Prima dell’emergenza, gli autotrasportatori siciliani trasportavano verso il nord Italia prodotti agro-alimentari e al ritorno bilanciavano i viaggi con beni di consumo o carichi industriali. La chiusura di numerose fabbriche a causa della Covid-19 ha tolto loro una parte consistente di carichi di ritorno, lasciando solo quelli di andata, riducendo così gli introiti di ogni viaggio. Per tale motivo, le imprese di autotrasporto stanno chiedendo un aumento delle tariffe ai committenti siciliani per le spedizioni verso il nord.
Una richiesta che, seppur spesso relativamente modesta, non viene accolta bene dai committenti. L’esempio viene dal Consorzio di Pachino, che raccoglie 150 produttori e 33 centri di confezionamento del pomodoro Igp che si coltiva nella parte sud-orientale dell’isola. In una nota pubblicata sul suo sito, il Consorzio afferma che il Comitato Agenzie di Logistica e Trasporto della Sicilia Sud Orientale ha comunicato un aumento del 20% sulle tariffe di trasporto dal 7 aprile al 30 giugno 2020. Non è un valore elevato, tenendo conto che molti camion tornano vuoti.
Ai trasportatori, il Consorzio risponde che la richiesta “pur condivisibile in astratto” non può essere addossata al comparto agricolo per due motivi: anche i produttori e confezionatori risentono dell’aumento dei costi causato dalla pandemia e perché “trattasi di questioni di rilevanza nazionale che attengono all'approvvigionamento della Grande Distribuzione e della popolazione intera, problema la cui trattazione non può che fare riferimento ad una cabina di regia nazionale che coinvolga le Istituzioni e che non può certo essere circoscritta al rapporto tra le singole ditte di trasporti e le singole aziende agricole”.
Perciò “il Cda del Consorzio ha deliberato di esprimere la propria contrarietà alla richiesta di aumento del costo di trasporto indirizzato alle aziende socie”. Insomma, gli autotrasportatori si rivolgano al Governo e tanti auguri. Al massimo, il Consorzio potrebbe “rappresentare presso gli organismi competenti le difficoltà che sta attraversando il sistema della logistica e dei trasporti, affinché possa ottenere il ristoro dovuto attraverso interventi normativi specifici a sostegno del settore”.
Il secondo esempio riguarda il ritardo dei pagamenti. E non stiamo parlando di quello cronico, ma di rinvii annunciati unilateralmente dalla committenza che arrivano perfino al 2021 su servizi di trasporto svolti all’inizio del 2020. In pratica una proroga di un anno. L’esempio riguarda la catena BricoIo, dedicata al bricolage, che il 19 marzo 2020 ha scritto ai fornitori che “potremo far fronte ai nostri attuali impegni – e in particolare al pagamento dei trasporti dovuti sino a oggi e di quelli che andranno a scadere sino al 30/05/2020 – in quattro rate mensili a partire dal 31 gennaio 2021 (e quindi al 31/01/2021, 28/02/2021, 31/03/2021 30/04/2021)”.
La società giustifica questo rinvio, di ben più di un anno, con le ripercussioni sul fatturato causate dai provvedimenti contro la pandemia di coronavirus. Nella comunicazione scrive: “In tale grave situazione – in un’ottica di reciproca collaborazione e comprensione in un momento in cui il nostro Paese è chiamato a far fronte a una crisi su più fronti – invitiamo tutti i fornitori a supportarci sino alla fine dell’emergenza”. Insomma, l’autotrasporto non deve solo macinare chilometri per assicurare il rifornimento di cittadini e imprese, ma deve anche sostenere economicamente alcuni committenti, facendo le funzioni d'istituti di credito, perdipiù a tasso zero. Almeno fino a quando non decideranno di spegnere i motori e restare anche loro a casa.