Nelle prime settimane del 2018, la Corte Costituzionale ha emesso due sentenze che riguardano l'autotrasporto e, in particolare, due questioni che sono al centro di una lunga vertenza tra committenti e vettori: l'applicazione dei costi minimi e la possibilità di un secondo vettore di avvalersi sul committente nel caso il primo vettore non lo paghi. La Fiap ha diffuso il 15 marzo 2018 una nota in cui analizza, con l'aiuto dell'avvocato Federico Gallo, il contenuto delle due sentenze con lo scopo di presentarle "in modo da non indurre tutti gli interessati in errori di valutazione, evitando nel modo più assoluto facili trionfalismi".
La prima ordinanza esaminata è la 37/2018, che affronta la legittimità dell'articolo 7 ter del Decreto Legislativo 286/2005, che permette al vettore di attivare un'azione diretta verso tutta la filiera del trasporto per ottenere il pagamento della prestazione effettuata, nel caso di mancata liquidazione. "Vorrei da subito chiarire che la Corte Costituzionale non ha rigettato il ricorso, dichiarando che l'articolo 7 ter ha superato l'esame di costituzionalità. Per essere ancora più espliciti, la Corte non ha dichiarato l'articolo 7 ter in linea con i principi costituzionali", spiega l'avvocato Gallo.
La questione appare più formale che di sostanza, perché la Corte ribadisce che può affrontare solo i profili d'incostituzionalità fatti propri dal giudice che le ha inviato il fascicolo (in questo caso del Tribunale di Grosseto), ma non quelli prospettatati direttamente dalle parti. A tale proposito, i giudici costituzionali rilevano che il Tribunale di Grosseto "si è limitato ad affermare che la questione è sicuramente rilevante ai fini della decisione delle cause", ma "non ha indicato le ragioni per cui la norma censurata debba applicarsi nei giudizi (...), né ha spiegato adeguatamente perché la decisione sulla questione di legittimità costituzionale sollevata, risulti pregiudiziale rispetto alla definizione dei processi principali".
Non solo. I giudici costituzionali lamentano che il Tribunale di Grosseto non abbia riferito nulla "né sul tipo di contratto di trasporto sottoposto alla sua cognizione (in particolare se esso rientri nell'ambito del trasporto di cose per conto terzi), né in ordine al possesso, da parte delle società opposte – creditrici del corrispettivo – dei requisiti di cui all'articolo 2 comma q lettera b) del Decreto Legislativo numero 286/2005". Infine, i giudici lamentano la mancanza di altre informazioni che sarebbero state essenziali alla Corte per analizzare la costituzionalità o meno dell'articolo 7 ter.
In concreto, la Corte Costituzionale afferma che il materiale giunto mostra una descrizione insufficiente di quanto è oggetto della causa e quindi rende la questione "manifestamente inammissibile". L'avvocato Gallo chiarisce che la sentenza non è perciò una conferma della costituzionalità dell'articolo 7, ma una pronuncia d'inammissibilità per difetto d'istruttoria. "Questo scenario rappresenta certamente un arrivederci alla trattazione e non un addio alla questione. Quasi sicuramente la Corte sarà nuovamente chiamata a pronunciarsi sull'argomento, visto che, di fatto, in questo caso non si è pronunciata affatto. Quello che è giusto evidenziare è che non significa che, nel futuro, l'articolo 7 ter possa effettivamente passare l'esame di costituzionalità, ma la partita rimane ancora tutta da giocare".
La seconda sentenza riguarda i costi minimi, ossia la legittimità dell'articolo 83 bis del Decreto Legge 112/2008, convertito in Legge 133/2008. L'avvocato Gallo sottolinea innanzitutto che l'ordinanza 47/2018 della Corte Costituzionale si riferisce a fatti accaduti prima della promulgazione della Legge di Stabilità del 2015, che ha abrogato i costi minimi di sicurezza. "Ciò significa che, ad esempio, per un servizio di trasporto eseguito nel 2017, questa pronuncia non ha alcun effetto", chiarisce l'avvocato, aggiungendo che "né significa che il legislatore dovrà modificare la norma in vigore che prevede la libertà di contrattazione dei prezzi".
Sulla base di queste considerazioni, la Fiap raccomanda prudenza, anche perché l'azione diretta e i costi minimi si basano su "un complesso parco normativo esistente, europeo e nazionale", ammonendo che "la giurisprudenza, purtroppo, non è un bancomat dal quale si prelevano le interpretazioni e le soluzioni che piacciono, utilizzando un proprio codice di accesso".
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