Durante il convegno intitolato "Modern Slavery in the European Transport Industry", che si è svolto a Monaco di Baviera ad aprile 2022, l’associazione tedesca del trasporto CamionPro ha presentato i risultati di un’indagine svolta sulle strade tedesche intervistando 1027 camionisti di nazionalità di Paesi orientali extra-europei, primi tra tutti Bielorussia e Ucraina. Il primo dato rilevante è che il 95% di loro lavora per un’azienda di trasporto polacca o lituana e che molti di loro subiscono “uno sfruttamento massiccio”, come ha dichiarato Wolfram Groschopf dell'Istituto di Economia dei Trasporti dell’Università di Economia e Commercio di Vienna, che ha analizzato le risposte.
Per dimostrare tale dichiarazione, Groschopf ha riferito che il 63% degli intervistati non ha alcuna forma di protezione contro la disoccupazione e ben il 92,4% non ha alcuna forma di assicurazione pensionistica. Ciò a fronte di una retribuzione di base di 400 euro, a volte integrata da un compenso legato ai risultati. E comunque non esiste uno stipendio minimo generalizzato e il pagamento delle ferie. Per queste condizioni, la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di viaggiare ininterrottamente per almeno otto settimane e oltre un terzo (35%) di avere ricevuto dal datore di lavoro documenti falsi di vario tipo, tra cui fatture di alberghi (che servono per dimostrare di non avere trascorso il riposo settimanale in cabina) o documentazione connessa al trasporto.
"La nostra indagine mostra in modo impressionante che le condizioni di lavoro dei camionisti maschi e femmine dell'Europa orientale nell'UE in molti casi mostrano elementi di schiavitù moderna", commenta Groschopf, aggiungendo che "lo studio mostra anche che la pandemia di Covid-19 ha contribuito a un ulteriore deterioramento delle condizioni di lavoro. Inoltre, la guerra in Ucraina aggrava ulteriormente la cattiva situazione lavorativa di molti camionisti dell'Europa orientale".
Durante l’incontro di Monaco il membro del Consiglio d’amministrazione di CamionPro, Andreas Mossyrsch, ha riferito si un suo recente viaggio in Lituania, durante il quale ha parlato con il parlamentare d’opposizione Laurynas Šedvydis. Quest’ultimo gli ha detto che il 95% dei conducenti che operano nell’autotrasporto internazionale proviene da Paesi terzi e i camionisti sono “sistematicamente sfruttati”. Mossyrsch riporta anche la testimonianza di un avvocato lituano, di cui non ha rivelato il nome, secondo cui gli immigrati devono firmare contratti scritti in lituano, rinunciando a ferie pagate, al ritorno a casa per il riposo periodico o alla malattia retribuita. In molti casi accettano anche di pagare danni al veicolo o alla merce oppure in caso di perdita delle carte di credito aziendali.
Un altro avvocato, Margit Fink, ha dichiarato che tutte queste pratiche violano la Carta Sociale europea. Ha spiegato che questi accordi, anche scritti, non sono compatibili con la normativa comunitaria sul distacco dei conducenti nell’autotrasporto. Quindi, gli autisti potrebbero intentare cause nei Tribunali tedeschi, ma non lo fanno perché non sanno a chi rivolgersi o non hanno le risorse economiche necessarie. Al convegno ha parlato anche un ispettore capo della Polizia Stradale del Belgio, Raymon Lausberg, affermando che le sanzioni alle imprese di autotrasporto che violano le norme sugli autisti non sono deterrenti, perché sono basse rispetto ai profitti ricavati dallo sfruttamento e aggiungendo che ci vogliono più controlli sul rispetto del Pacchetto Mobilità.
Mossyrsch ha infine espresso alcune richieste per porre fine a questa “moderna schiavitù” nell’autotrasporto. Una di queste prevede l’introduzione di un fondo europeo per la previdenza sociale gestito da un’entità centrale. Per la Germania, egli chiede anche l’istituzione di un’Autorità per svolgere tutti i controlli sulla regolarità del trasporto, come quelli sul dumping sociale, sul fissaggio del carico, sui permessi di lavoro, sul cronotachigrafo e sulle emissioni dei veicoli. Infine, le sanzioni dovrebbero superare il vantaggio economico nel violare le regole e dovrebbero prevedere il ritiro dell’autorizzazione alle imprese che violano ripetutamente le norme.