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    Perchè il Consiglio di Stato ha approvato i sansori camion a Milano

    Con la sentenza numero 1884 del 26 febbraio 2024, il Consiglio di Stato ha capovolto la decisione del Tar Lombardia che aveva riconosciuto l’illegittimità degli atti del Comune di Milano, adottati per regolamentare la circolazione di veicoli ingombranti di categoria M2, M3, N2 e N3 nella zona a traffico limitato (Ztl Area B) dalle ore 07.30 alle ore 19.30 dei giorni feriali, dal lunedì al venerdì (meglio nota come delibera sul dispositivo angolo cieco).

    In particolare, il giudizio ha avuto come oggetto la deliberazione di Giunta comunale numero 971 dell'11 luglio 2023, l’ordinanza sindacale del 17 luglio 2023 numero 1014 e la determina dirigenziale 8 agosto 2023 numero 6844, intitolata “Approvazione delle linee guida per i sistemi avanzati di rilevamento dei pedoni e ciclisti e per l'adesivo di segnalazione della presenza dell'angolo cieco di cui alla delibera di Giunta Comunale numero 971 dell'11 luglio 2023”.

    Dopo il ricorso presentato da alcune associazioni dell’autotrasporto, il giudizio in primo grado del Tar aveva prima ritenuto l’insussistenza del potere del Comune di Milano di regolamentare la circolazione di veicoli ingombranti di categoria M2, M3, N2 e N3 nella zona a traffico limitato (Ztl Area B) - dalle ore 07.30 alle ore 19.30, nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì.

    Il Tar aveva ritenuto insussistente il potere del Comune di Milano per carenza di “una previsione statale che consentisse ai comuni l’esercizio di una potestà amministrativa di tale natura”. Infatti, l’articolo 7 comma 1 lettera b) del Decreto legislativo numero 285 del 1992 permette all’ente locale di istituire aree a traffico limitato nei centri abitati (aree B e C di Milano in questo caso) per “esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale”, ma non di adottare gli atti impugnati per esigenze di sicurezza stradale e della circolazione.

    Il Comune di Milano ha presentato ricorso contro questa sentenza e nel giudizio di secondo grado il Consiglio di Stato ha invece ritenuto sussistente il potere del Comune di Milano di regolamentare la circolazione di veicoli ingombranti nella zona a traffico limitato, facendo riferimento alla disposizione contenuta nel comma 9 dell’articolo 7 del Decreto legislativo numero 285 del 1992 e non nel comma 1.

    Sicché il Comune, secondo il Consiglio di Stato, ha esercitato il potere allo stesso conferito dal comma 9 del Decreto legislativo numero 285 del 1992 e non il potere di limitare la circolazione per motivi di inquinamento e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale. Secondo i giudici, infatti, il divieto di circolazione di cui agli atti impugnati è introdotto al fine di “fare tutto il possibile per ridurre considerevolmente l’incidentalità”, atteso che “si registrano sinistri, anche mortali, che vedono coinvolti utenti deboli della strada e mezzi ingombranti, anche articolati, riconducibili all’assenza di sistemi avanzati in grado di rilevare la presenza di pedoni e ciclisti situati in prossimità immediata del veicolo stesso”.

    Il tema della sicurezza della circolazione e conseguentemente dell’incolumità personale è quindi centrale nel giustificare l’adozione dei provvedimenti gravati secondo il Consiglio. Secondo il Consiglio di Stato, il potere esercitato dal Comune di Milano è un potere avente contenuto discrezionale, potendo essere attuato attraverso plurime e diverse prescrizioni.

    Da qua la diversità del regime circolatorio in base al tipo, alla funzione e alla provenienza dei mezzi di trasporto. In altri termini, la tipologia dei limiti (divieti, diversità temporali o di utilizzazioni, subordinazione a certe condizioni) viene articolata dalla Pubblica Autorità tenendo conto di vari elementi (diversità dei mezzi impiegati, impatto ambientale, situazione topografica o dei servizi pubblici, conseguenze pregiudizievoli).

    Secondo il Consiglio di Stato, i provvedimenti gravati sono stati adottati nel corretto esercizio dei poteri conferiti ai Comuni in quanto Enti locali di maggiore prossimità al cittadino, come previsto dall’articolo 118 della Costituzione. In particolare, la regolamentazione della viabilità nell’ambito del centro abitato è devoluta ai Comuni che la esercitano occupandosi della sosta e della circolazione dei veicoli, potendo perseguire diverse finalità (prevenire gli inquinamenti e tutelare il patrimonio artistico, ambientale e naturale, assicurare la sicurezza pubblica e la sicurezza della circolazione, o esigenze di carattere militare, di sicurezza stradale, della salute, dell'ordine pubblico, e del territorio).

    Il potere intestato ai Comuni dall’articolo 7 comma 9 del Decreto legislativo numero 285 del 1992, cioè di creare zone a traffico limitato, e definire eventuali deroghe alle limitazioni di circolazione, si iscrive nell’ambito delle potestà in ordine alle prerogative di viabilità, sicurezza e incolumità pubblica di cui il Comune può fare uso in quanto si riverberino sul territorio di riferimento. La norma recita che “i Comuni con deliberazione della Giunta provvedono a delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione sulla salute sull’ordine pubblico sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio”.

    Laddove, quindi, emergano, nell’ambito del territorio comunale, esigenze di regolazione del traffico veicolare e di contenimento delle ricadute negative sulla sicurezza e incolumità pubblica, il Comune è dotato del potere di soddisfarle. In altre parole il Comune ha conformato alle esigenze emerse localmente il contenuto della limitazione.quale ente di maggior prossimità al cittadino.

    Come già visto, nel caso di specie, secondo la prospettazione dell’Ente condivisa dal Consiglio di Stato, i provvedimenti impugnati sono concretamente giustificati in relazione all’incremento nel territorio comunale degli incidenti tra mezzi “pesanti” e pedoni o ciclisti di cui dà conto l’istruttoria.

    Un altro punto riguarda la legittimità sotto il profilo dell’omologazione dei dispositivi. Il Comune di Milano, secondo il Consiglio di Stato, non ha interferito con le funzioni statali in materia di dispositivi e omologazione degli stessi, atteso che esso nelle linee guida approvate con determina 6844 del 2023, dopo aver rappresentato come “sul mercato sono disponibili diverse tipologie di sistemi di rilevazione”, ha specificato che “le apparecchiature di rilevamento della presenza di pedoni e ciclisti dovranno essere omologate e conformi alla normativa vigente, anche europea, applicabile”.

    La previsione rende evidente, a parere dell’Autorità giudiziaria, l’intento di rispettare le previsioni statali ed eurounitarie sulle apparecchiature di rilevamento della presenza di pedoni e ciclisti. In tal senso il Comune, prosegue il Consiglio di Stato, non ha regolamentato la “materia delle dotazioni e delle caratteristiche tecniche e tipologiche, anche supplementari, dei mezzi”, né ha inteso “imporre, nei confronti dei conducenti di mezzi pesanti, la dotazione di dispositivi di segnalazione visiva e acustica”, preoccupandosi, piuttosto, di coordinare l’esercizio della funzione amministrativa da parte dello stesso con le esigenze che lo Stato e l’Unione europea garantiscono nell’ambito della propria competenza, attribuendo prevalenza a queste ultime (nei termini suddetti).

    Il Consiglio di Stato ha inoltre dato atto che i provvedimenti impugnati sono stati adottati previa istruttoria. L’istruttoria compiuta è stata ritenuta complessa e basata sull’analisi degli incidenti nel contesto urbano, sulla valutazione specifica di uno dei rischi agli stessi connessi, derivanti dalla presenza di angoli ciechi, sulla comparazione con altre esperienze europee e sulle indicazioni derivanti dalla disciplina UE.

    La sentenza interviene anche sugli aspetti della necessarietà e proporzionalità del provvedimento. La necessarietà, da non intendersi in senso di obbligatorietà della scelta (e di vincolo legislativo alla stessa), è da riconnettere, sempre sulla base dell’istruttoria svolta, alla valutazione in ordine all’efficacia della soluzione prescelta a soddisfare gli interessi che l’Amministrazione intende soddisfare.

    La proporzionalità in senso stretto implica, invece, di valutare che la misura adottata non sia tale da gravare eccessivamente sui destinatari. Nel caso di specie il Consiglio di Stato ha argomentato in ordine al fatto che l’Amministrazione ha contemperato i vari interessi declinando il divieto, con la previsione di limiti spaziali, temporali e di contenuto.

    La circostanza che in altre esperienze europee sia stata imposta solo una delle due misure contenute nelle deroghe previste dal Comune, cioè o i dispositivi o gli adesivi, non è di per sé sola sufficiente a ritenere violato il principio di proporzionalità: atteso che l’apposizione di adesivi rappresenta una condotta ben poco invasiva della sfera dei destinatari.

    La circostanza che sia stata richiesta anche l’installazione di dispositivi di superamento del rischio dell’angolo cieco rappresenta il più rilevante espediente individuato per il superamento del rischio accertato. Rispetto ad esso il bilanciamento fra i beni in conflitto, così come del resto sancito dalla Corte Costituzionale, non può che andare nel senso di tutelare al massimo grado il bene della vita, prevedendo una modalità di superamento del rischio che incide essenzialmente su interessi economici, e il cui costo è stato indicato dagli autotrasportatori costituitisi in giudizio in circa diecimila euro (per i dispositivi per la rilevazione e la segnalazione di pedoni e ciclisti).

    Il Consiglio di Stato non ha ignorato che i provvedimenti impugnati non rappresentino un atto necessitato, né nell’an, né nel contenuto, e che la scelta discrezionale del Comune si muove in una prospettiva non diffusa sul territorio nazionale e la cui implementazione porta con sé elementi di novità, anche di natura concreta. Tuttavia il Consiglio di Stato ha ritenuto di non essere competente su detti aspetti e dunque di non essere chiamato a pronunciarsi al riguardo considerati il thema decidendum e le regole che informano il processo amministrativo.

    Secondo il Consiglio di Stato, rispettate le regole che informano il settore, la scelta di affrontare la tematica e le modalità individuate per rispondere alle esigenze della collettività di riferimento saranno infatti valutate nell’ambito dell’ordinaria dinamica democratica tipica degli organi elettivi e, dunque, a livello politico più che giudiziario.

    L’articolo 111 comma 8, della Costituzione dispone che “contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”. A conferma, l’articolo 110 del Codice del Processo Amministrativo di cui al Decreto Legislativo del 2 luglio 2010 numero 104 stabilisce che “il ricorso per Cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”.

    La decisione del Consiglio di Stato quindi ha confermato in linea generale che rimane l’obbligo d’installazione dei sensori sui veicoli industriali entro il 31 dicembre 2024, come stabilito dalla delibera comunale salve le previste eccezioni e deroghe.

    Maria Cristina Bruni

    https://avvocati-sl.it/professionisti/maria-cristina-bruni/

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