Tra le tante conseguenze paradossali della Covid-19 c’è anche l'incredibile crollo del prezzo del petrolio, che il 20 aprile 2020 per la prima volta nella storia la quotazione del West Texas Intermediate con consegna a maggio è sceso sottozero, ossia a -37,63 dollari al barile (-300%). Ciò significa che i produttori potrebbero pagare, in teoria, gli acquirenti per liberarsi delle scorte, a causa del crollo delle domanda che ha riempito petroliere e depositi di stoccaggio. Una caduta verticale da gennaio, quando il prezzo aveva toccato i sessanta dollari al barile.
Questo fenomeno riguarda i future, quindi il prezzo negativo è quello che i venditori dovrebbero pagare oggi per evitare la consegna del prodotto a maggio. In realtà ciò non accade, anche perché la mattina del 21 aprile il valore di maggio è tornato sopra lo zero, a 1,6 dollari al barile. Inoltre, il valore delle consegne di giugno è rimasto positivo di venti dollari al barile. Questo è comunque un pessimo segnale per i produttori.
La causa principale del crollo del petrolio è la pandemia, che ha chiuso migliaia d’imprese e ha bloccato milioni di autoveicoli e centinaia di aerei, riducendo quindi i consumi. I produttori raccolti nell’Opec+ hanno cercato di rianimare il prezzo tagliando la produzione di 9,7 milioni di barili, ma non è bastato perché intanto la domanda è scesa di tre volte quel valore. A ciò si aggiunge la spaccatura tra i Paesi produttori e un accumulo di scorte.
I consumatori non hanno però vantaggi concreti dal crollo del prezzo del petrolio, perché le quotazioni dei carburanti restano elevate. La rilevazione settimane del ministero per lo Sviluppo Economico del 13 aprile 2020 mostra un prezzo medio alla pompa del gasolio di 1315,60 euro per mille litri, di cui 460,96 euro di costo industriale, 617,40 euro d’accisa e 237,24 euro d’Iva, in calo del 12,42% rispetto alla settimana precedente.