Nel caso di dipendenza economica tra una società di logistica e un autotrasportatore, il termine di recessione del contratto di tre mesi può non essere sufficiente. Lo stabilisce una sentenza del Tribunale di Milano - riportata e commentata dallo Studio Legale Scoccini & Associati – che riguarda una vertenza tra Dhl e una società di autotrasporto. La disputa nasce dalla decisione della multinazionale logistica di recedere da un contratto con un autotrasportatore, fornendo un preavviso di soli tre mesi. Il Tribunale di Milano ha giudicato questo recesso non valido, riconoscendo una condizione di “dipendenza economica” da parte dell’autotrasportatore.
In particolare, il contenzioso aveva per oggetto il regolamento dei rapporti di dare-avere tra Dhl (che pretendeva ulteriori somme alla chiusura del rapporto contrattuale) e l’autotrasportatore (che affermava di aver svolto servizi di trasporto per Dhl e non di non essere stato totalmente pagato). Al termine del processo, Dhl è stata condannata dal Tribunale delle Imprese milanese a rifondere più di mezzo milione di euro alla società di trasporto sua appaltatrice.
Secondo i giudici, Dhl infatti esercitato un “effettivo controllo societario” sul suo subappaltatore che “non era in grado di determinare autonomamente le proprie scelte strategiche” perché tutta “l’attività d’impresa era sottoposta al controllo, alle direttive e agli standard di Dhl Express Italy”. Nello specifico caso, il subappaltatore lavorava quasi esclusivamente per Dhl da vent’anni, seguendo direttive e standard operativi imposti dalla società logistica e quindi limitando la sua capacità di agire in maniera autonoma.
Lo Studio legale spiega che il cuore della sentenza risiede nel concetto di dipendenza economica, riconosciuto dalla Legge 192 del 1998, che si applica quando una delle parti in un rapporto commerciale non ha la possibilità di svincolarsi dalla relazione senza subire gravi danni economici. Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto che l’autotrasportatore si trovasse in una condizione di forte vulnerabilità, dovuta alla sua subordinazione economica e operativa a Dhl. L'acquisto di veicoli e l’organizzazione delle operazioni in funzione delle richieste di Dhl, senza la possibilità di diversificare il proprio portafoglio clienti, ha ulteriormente aggravato questa dipendenza.
Il riconoscimento di questa condizione ha fatto sì che il recesso del contratto, pur formalmente legittimo, fosse considerato “illegittimo dal punto di vista della correttezza e della buona fede”, principi fondamentali del diritto commerciale italiano. La decisione di Dhl d’interrompere il rapporto contrattuale con un preavviso così breve, nonostante la lunga durata della relazione commerciale, è stata giudicata non solo sproporzionata, ma anche dannosa. La Corte ha infatti evidenziato come il recesso abbia aggravato la già difficile situazione economica dell’autotrasportatore, impedendogli di onorare i suoi debiti nei confronti dei sub-vettori e portando alla sua successiva liquidazione.
Questa conclusione ha portato alla condanna di Dhl a risarcire l’autotrasportatore per una somma superiore al mezzo milione di euro. Secondo il Tribunale di Milano, l’operatore di logistica ha violato i principi di buona fede e correttezza, esercitando il proprio diritto al recesso in maniera abusiva. Lo Studio legale ritiene che la sentenza del Tribunale di Milano abbia un impatto significativo non solo per il caso specifico, ma anche per il settore della logistica e del trasporto in generale. La sentenza, infatti, ricorda alle imprese che il potere economico porta con sé una responsabilità nei confronti dei partner commerciali e della società nel suo insieme.
Lo Studio Scoccini afferma anche che questa decisione apre inoltre una riflessione più ampia sull’equilibrio nei rapporti di forza tra imprese di diverse dimensioni. Il caso mette in evidenza come le grandi aziende, con risorse economiche e contrattuali nettamente superiori, possano abusare della loro posizione dominante, schiacciando i partner commerciali più piccoli e meno protetti. Quindi, l’applicazione del principio di dipendenza economica rappresenta un importante strumento di tutela per i soggetti più deboli, garantendo loro un livello minimo di protezione contro pratiche scorrette. Infine, la sentenza potrebbe costituire un precedente giuridico, capace di influenzare futuri casi analoghi, con l’obiettivo di bilanciare i rapporti contrattuali e ridurre il rischio di abusi.