Le sanzioni alla Russia causate dalla sua invasione dell’Ucraina stanno spostando l’approvvigionamento di gas naturale verso nuove fonti situate in altri Paesi. A parte alcuni gasdotti posti sotto il Mediterraneo, l’unico modo per ricevere il gas è il trasporto marittimo di prodotto liquefatto. Ma ciò richiede sia le navi, sia gli impianti a destinazione per riportare il metano dallo stato liquido a quello gassoso e immetterlo quindi nella rete di gasdotti continentale. E riguardo a questi ultimi l’Europa sconta una forte carenza.
Nell’Europa continentale sono attivi una ventina di terminal portuali adatti allo scarico di Gnl e il principale consumatore di gas russo, la Germania, non è ha neppure uno (ne ha due in progetto). Costruire rigassificatori a terra richiede un tempo medio di cinque anni, ben superiore a quello auspicato per ridurre la dipendenza del gas russo. C’è un’alternativa più rapida, quella dei rigassificatori galleggianti (indicati con l’acronimo di Fsru). Sono imbarcazioni che ricevono il Gnl dalla nave gasiera, lo trasformano in gas, che poi scaricano in porto in un gasdotto o in depositi.
Mediamente, un rigassificatore galleggiante può muovere cinque miliardi di metri cubi l’anno e questa è la prima scelta della Germania, che prevede almeno tre unità Fsru, la prima delle quali potrebbe diventare operativa già entro la fine del 2022. Ma il condizionale è d’obbligo, perché bisogna prima trovarla sul mercato e poi metterla in condizioni di operare, con un periodo minore rispetto alla costruzione di un rigassificatore ma comunque non così rapido.
Si stima che l’attuale flotta delle Fsru sia formata da una cinquantina di unità, di cui solo otto potrebbero essere disponibili quest’anno. Ma anche trovandole e rendendole operative entro un tempo relativamente breve, bisogna pagare il loro noleggio e ovviamente, con l’aumento della domanda, sta crescendo anche il nolo, che dall’inizio della guerra in Ucraina è mediamente aumentato del 50%, raggiungendo una cifra tra 150mila e 180mila dollari al giorno. Ciò significa oltre 67 milioni di dollari l’anno, che vanno aggiunti al costo di acquisto del Gnl, di trasporto su nave e di distribuzione fino all’utilizzatore finale.
La situazione è aggravata dal fatto che negli ultimi anni la domanda di Frsu è rimasta stagnante, quindi non ci sono stati ordini per nuove unità. È quindi probabile che questi arriveranno nei prossimi mesi, giungendo però in cantieri già saturi di altri ordini, soprattutto per portacontainer e gasiere. Insomma, alla fine potrebbe risultare che dotarsi di una Frsu abbia gli stessi tempi di costruire un rigassificatore a terra, ossia quattro o cinque anni. Nel frattempo non è chiaro come saranno trasportati e scaricati i miliardi di metri cubi di Gnl previsti dai contratti che i vari Stati europei (compreso quello italiano) stanno affrettandosi a firmare in Africa e Medio Oriente.