La Guardia di Finanza ha attuato il 23 marzo 2023 un altro colpo grosso contro l’evasione fiscale nel commercio di carburanti, sgominando un’organizzazione che ha attuato una gigantesca frode attraverso una rete formata da trentuno società e diciassette distributori stradali no-logo. L’indagine è partita da Parma nel 2019, quando i Finanzieri si accorsero che alcuni distributori della provincia vendevano i carburanti a prezzi notevolmente inferiori rispetto alla concorrenza, perfino a chi acquistava il prodotto direttamente nelle raffinerie. Questi distributori si rifornivano da un’unica società, sui cui si è focalizzata l’indagine del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, sotto la direzione della Procura.
La società che riforniva i distributori faceva parte di una complessa associazione a delinquere costituita da tre soggetti italiani operanti uno da Dubai, uno da Miami e il terzo da Napoli. L’organizzazione acquistava i carburanti da raffinerie slovene e croate, che poi formalmente risultavano venduti in Gran Bretagna, Romania e ad alcune società italiane appositamente costituite, mentre in realtà il prodotto finiva alla società parmigiana. I contrabbandieri hanno costituito ben trentuno società “cartiere” che non avevano in realtà alcun deposito per stoccare il carburante e non hanno presentato dichiarazioni d’imposta o dell’Iva. Inoltre, erano intestate a nullatenenti o pregiudicati e mostravano fatturati molto superiori a quelli di un’ordinaria operatività.
In alcuni casi, il flusso formale dei carburanti usava un’intermediazione commerciale fittizia svolta da un’altra società italiana, con sede a Potenza, che a differenza delle precedenti risultava regolare per gli adempimenti formali e aveva un minimo ricarico sulle vendite. Il suo scopo era evitare che il deposito di Parma avesse rapporti diretti con le società fittizie e nel periodo tra il 2016 e il 2018 avrebbe realizzato profitti per 2,1 milioni di euro.
Il trasporto del carburante era svolto da una società con sede in Croazia, riconducibile a un componente dell'organizzazione, che con le sue autocisterne trasportava i carburanti dalle raffinerie estere al deposito fiscale, dove erano nazionalizzati, e poi a deposito parmigiano, senza passare fisicamente dalla società “cartiere” interposte formalmente.
Secondo gli inquirenti, questo meccanismo avrebbe usato anche false polizze fideiussorie e modelli F24 per il pagamento dell’Iva. In questo modo, l’organizzazione ha aggirato l’obbligo, introdotto dalla Legge 205/2017, di versare tramite F24 l’Iva all’atto del carico dei prodotti al deposito fiscale. Infatti, la norma consente di sostituire questo obbligo presentando all’Amministrazione una polizza fideiussoria o di una fideiussione bancaria. Ciò ha permesso di far evadere in modo sistematico alle “cartiere” l’Iva e così vendere i carburanti a un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato, producendo un danno all’erario di 92.379.000 euro.
Non sorprende quindi che dal 2016 la società di Parma ha aumentato continuamente il fatturato, sino a raddoppiarlo. Questa impresa subì già un sequestro di un milione mezzo di euro dopo una perquisizione della Finanza, ma ha continuato ad attuare l’evasione fiscale. A termine dell’indagine, la Procura ha disposto il sequestro preventivo per un valore complessivo di 149.188.000 euro nei confronti delle società e e dei loro responsabili. Comprende anche il deposito di Parma e i diciassette distributori situati nelle provincie di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Brescia, Lodi e Verona.