Il conto alla rovescia è partito da tempo e non regala proroghe. Il 12 dicembre 2019 è previsto l'avvio delle attività nel nuovo terminal container di Savona dove a Vado sarà operativa la piattaforma Maersk adatta ad accogliere le portacontainer di ultima generazione fino a 22mila teu. Ma la scommessa di trasferire una quota significativa di questo traffico via ferrovia rischia pesantemente di fare i conti con la rete infrastrutturale attuale. Dove nulla, o quasi, è stato fatto in previsione della nuova realtà portuale. Anche perché eventuali progetti hanno tempi lunghi di realizzazione e la politica degli annunci non produce frutti immediati. Per esempio, a settembre 2019, il Consiglio regionale del Piemonte ha chiesto di inserire nel contratto di programma di RFI (il gestore della rete ferroviaria italiana) tutta una serie di interventi sulla Torino-Savona, per ora a livello di proposte. Un'ipotesi più avanzata riguarda l'adeguamento della capacità di carico di alcune linee piemontesi, tra cui la Fossano-Savona, per le quali il Piemonte ha previsto uno stanziamento già individuato di 14 milioni di euro. Ma nulla di più.
Soprattutto occorre avere le idee chiare su dove si rivolge la domanda e assecondarla. Il Piemonte intende privilegiare il collegamento con Torino nell'ottica di valorizzare il terminal di Orbassano, ma da lì l'unica relazione logica è con la Francia attraverso quella Torino-Lione dove più volte sono stati messi in luce i limiti infrastrutturali che ne vincolano la funzionalità per i trasporti merci a standard europeo. Comunque, da Savona si deve necessariamente risalire attraverso il colle di Cadibona, dove esistono due itinerari che si ricollegano con San Giuseppe di Cairo, la via Altare e la via Ferrania. Entrambe le linee sono decisamente acclivi con pendenze del 25 per mille (ma singolarmente anche del 30 per mille), dove le regole di esercizio impongono l'uso di due locomotive in doppia trazione per trainare un massimo di 1200 tonnellate, o una sola locomotiva per un carico nettamente inferiore, quindi poco competitivo.
Esistono anche problemi di sagoma ridotta in galleria, ma in questo caso sarebbe possibile intervenire in modo relativamente semplice lungo la via Altare, realizzata a binario singolo ma già predisposta per il doppio, rivedendo la sede ferroviaria. In passato si era anche ipotizzato di realizzare un tracciato del tutto nuovo che da Ceva si ricollegava poco oltre Carcare in modo da evitare il tratto più sfavorevole. Ipotesi rimasta nelle buone intenzioni. Da San Giuseppe di Cairo attraverso Ceva si può risalire verso Torino, oppure proseguire su Acqui e Alessandria, itinerario più logico per collegare il porto di Savona con le direttrici nazionali e soprattutto con le importanti relazioni attraverso la Svizzera. La linea, lunga poco più di 100 km nel suo sviluppo complessivo, è a semplice binario da riqualificare come sagoma e binari di incrocio a standard europeo, ma sconta comunque l'acclività già vista fino a San Giuseppe di Cairo. E soprattutto è costellata da oltre 70 passaggi a livello.
È quindi tutt'altro che un itinerario ad alta capacità merci. L'alternativa in teoria più favorevole resta quella di utilizzare la linea di costiera da Savona a Genova, da adeguare alle esigenze merci, dove da Voltri senza interessare lo scalo del capoluogo si può risalire attraverso il futuro Terzo valico, ma è da valutare attentamente quali sono le tracce disponibili per i treni merci considerando l'intenso traffico passeggeri attuale.
Piermario Curti Sacchi
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