Mai come in questo momento di rallentamento generalizzato dell’economia a causa dell’emergenza da coronavirus, le previsioni vanno prese con molta prudenza. Ma se lo scenario è proiettato su dieci anni si può ritenere attendibile la tendenza con l’obiettivo di fotografare lo stato delle cose al 2030. Ebbene, secondo uno studio commissionato dall’Unione Internazionale delle Ferrovie (Uic), tra dieci anni, fino a due milioni di teu potrebbero muoversi su rotaia lungo i corridoi ferroviari tra l’Asia e l’Europa.
La ricerca condotta in collaborazione con una società di consulenza specializzata, Infrastructure Economic Centre, offre un’analisi sull’evoluzione delle rotte negli ultimi anni e suggerisce come il traffico si svilupperà da qui al 2030. Sebbene i tassi di crescita rapida conosciuti negli ultimi anni difficilmente si possano replicare, l’elasticità della domanda di trasporto merci, la spinta della Cina, i potenziali miglioramenti logistici e la riduzione dei tempi di transito alle frontiere offrono una prospettiva positiva. Lo si vede dall’evoluzione dei dati. Nel 2015 le statistiche parlano di 65mila teu per ferrovia, saliti a 145mila nel 2016 e 279mila l’anno successivo, mentre nel 2019 si è toccata quota 345mila.
L’analisi promossa dall’Uic offre anche un dato interessante, noto agli operatori ma forse per la prima volta messo nero su bianco: dal punto di vista dei container caricati, il 67,6% ha fatto il viaggio per ferrovia dall’Asia all’Europa, mentre solo il 32,4% in direzione opposta, segno quindi che la Via della Seta serve soprattutto all’export cinese. Circa il 95% del transito euroasiatico in entrambe le direzioni passa attraverso la Russia, lasciando una quota minima alla relazione che coinvolge le ferrovie dell’Azerbaigian, della Georgia e della Turchia sulla rotta Baku-Tbilisi-Kars.
Lo studio Uic ha esaminato tre scenari macroeconomici per valutare il probabile potenziale del traffico ferroviario fino al 2030. La previsione più pessimistica considera possibili guerre commerciali, crisi sanitarie e tensioni geopolitiche. In questo caso le proiezioni parlano di 450mila teu. In caso di crescita costante ma moderata si potrebbero invece raggiungere 872mila teu. Lo scenario più promettente prevede il tetto di due milioni di teu.
Le variabili in gioco sono comunque diverse. La prima in assoluto è rappresentata dalle sovvenzioni concesse dalla Cina a favore del transito ferroviario euroasiatico, in quanto la maggior parte del carico attualmente trasportato dipende molto dagli incentivi cinesi. Una loro riformulazione cambierebbe le carte in tavola. Una maggiore concorrenza potrebbe venire anche dal mare, con la riduzione dei noli o una maggiore competitività del vettore navale. Ma il vero nodo da sciogliere, secondo lo studio Uic è quello di ridurre la disparità dei flussi di merci, tra est e ovest, con la creazione di una rete equilibrata di centri logistici che possano combinare export e import in modo da aumentare la competitività complessiva del trasporto ferroviario.
Piermario Curti Sacchi