Chi si aspettava una svolta con il Pnrr nella progettazione e soprattutto nel modo di affrontare gli investimenti, in parte deve ricredersi. Può anche darsi che si tratti solo di un caso isolato, ma il raddoppio della ferrovia Roma-Pescara, seppur con alcune novità di metodo, sembra seguire la stessa prassi che ha sempre caratterizzato i lavori da parte di Rfi, quella di procedere per lotti di dimensioni ridotte rispetto al complesso delle opere da realizzare, e quindi con un cronoprogramma che si protrae per anni, se non per decenni. Annunciato con grande enfasi è stato avviato in grande stile il dibattito pubblico sul progetto del raddoppio della ferrovia Roma-Pescara. Questa procedura è sicuramente un punto a favore del Pnrr, perché permette di trovare il consenso del territorio sulla progettazione in tempi rapidi e certi.
Ma chi si aspettava una visione d’insieme di tutto il corridoio ferroviario trasversale, quello che da Roma raggiunge l’Adriatico, scopre che la procedura di valutazione ambientale ora avviata riguarda due lotti, quello che da Interporto d’Abruzzo raggiunge Manoppello e l’alto che da questa località termina a Scafa per un valore di 700 milioni di euro. Questa tratta, interessata dai lavori di raddoppio e potenziamento, si sviluppa per una lunghezza che non raggiunge neppure i 13 chilometri rispetto all’intera trasversale Roma-Pescara ancora da raddoppiare che supera i 220 chilometri.
Occorre precisare però che il primo segmento della linea, quello che da Pescara attraverso Chieti arriva a Interporto d’Abruzzo, poco più di 18 chilometri, era già stato inserito a suo tempo nella fase preliminare della Via, non ancora conclusa. A complicare il quadro resta il fatto che le nuove procedure prevedono sia la valutazione d’impatto ambientale sia la richiesta del parere del territorio con il dibattito pubblico, ma si tratta di due momenti diversi oltretutto gestiti da soggetti diversi, l’Ambiente (oggi Mite) nel primo caso, Rfi e le Infrastrutture (oggi Mims) nell’altro caso. Ovviamente è del tutto prematuro stimare i tempi che occorreranno per avviare le procedure sui restanti lotti, quelli per Sulmona e Avezzano verso Roma. Occorre anche ricordare che l’investimento previsto su tutta la direttrice è imponente e ha raccolto anche non poche critiche sul rapporto costi/benefici: si stimano 6,5 miliardi di euro per il completamento di tutto il progetto.
La Roma-Pescara è il principale asse ferroviario trasversale dell’Italia centrale, ma è una direttrice da ripensare profondamente se l’obiettivo è quello di dare a questa linea un ruolo che ora manca completamente, quello di collegamento veloce per passeggeri e merci. L’attuale linea ottocentesca lunga 240 km è a binario singolo, esclusi i primi 15 km nel nodo di Roma, ha pendenze superiori al 30 per mille, presenta una sagoma limite in galleria non idonea rispetto agli standard europei, un peso assiale limitato, con moduli ferroviari di stazione inferiori a 750 metri, stretti raggi di curvatura e un’ottantina di passaggi a livello. Non è pertanto adeguata al traffico merci, oltre a rappresentare una strozzatura anche per quello passeggeri a lunga distanza.
Con il potenziamento di questa linea si crea un ponte tra est e ovest nell’Italia centrale che darebbe vita a un corridoio con più poli: da una parte Pescara e Ortona dove è insediato il maggior porto commerciale della regione abruzzese connesso alla rete ferroviaria, dall’altro Roma con il porto di Civitavecchia e Napoli, lungo un asse dove sono presenti oltre ai porti, interporti e zone industriali potenzialmente interessate al servizio ferroviario merci nel segno dell’intermodalità.
Piermario Curti Sacchi