Un passo avanti e mezzo passo indietro. È il rischio che corre la circonvallazione ferroviaria di Trento, opera tra quelle prioritarie per l’accesso da sud al tunnel di base del Brennero e futuro corridoio dedicato alle merci. Le carte giuste da giocare le avrebbe tutte: è stata inserita nelle infrastrutture espressamente previste dal Piano di Ripresa e Resilienza con i relativi finanziamenti pari a 950 milioni di euro ed è stata confermata nel Piano commerciale di Rfi con l’ultima edizione, agosto 2021. Ma questi vantaggi non sono a costo zero, perché l’opera deve essere messa in cantiere e conclusa entro il 2026. In caso contrario, come prevedono le regole del Pnrr, si rischia di dover restituire anche i finanziamenti ricevuti.
Già di per sé i tempi sarebbero strettissimi perché la circonvallazione è costituita essenzialmente da un tunnel a doppia canna lungo 12 chilometri, oltre ai raccordi con la linea ferroviaria esistente. Anche nell’ipotesi di utilizzare quattro frese contemporaneamente, si ha comunque a che fare con lo scavo di una lunga galleria. È chiaro quindi come Rfi deve al più presto predisporre un progetto definitivo in accordo con gli enti locali, Provincia e Comune.
Ed è sulle intese con il territorio che il dibattito appare tutt’altro che concluso. Due gli elementi che ancora a settembre 2021 allontanano la soluzione del problema. Entrambi riguardano l’area a nord del capoluogo: il primo è il passaggio della nuova linea di circonvallazione all’interno di due aree inquinate e da bonificare, le ex Sloi ed ex Carbochimica; il secondo è rappresentato dalla lunghezza del tunnel che viene messa in discussione e ci si chiede se sarebbe opportuno prolungarlo e farlo sbucare più a nord per migliorare l’inserimento urbanistico.
Secondo l’Ordine dei geologi di Trento c’è da tenere presente che l’intervento sulle due aree inquinate espone a degli imprevisti che potrebbero rallentare la costruzione dell’opera, appesantendo ancor di più il costo. Anche perché non avrebbe senso una bonifica parziale solo per il tratto interessato, ma il risanamento andrebbe affrontato in modo complessivo e definitivo. E se Rfi non fosse disponibile a sostenere i lavori per il costo eccessivo? Provincia e Comune sarebbero disposti a contribuire per non lasciare la bonifica a metà?
Strettamente collegato a questo problema è quello dell’inserimento del tunnel dal punto di vista urbanistico: se l’imbocco fosse spostato più a nord si impatterebbe in modo minore sia sulle ex aree industriali oggetto di trasformazione sia sull’inserimento nel tessuto cittadino. Secondo il progetto originale di Rfi, la circonvallazione di Trento ha origine in località Roncafort, nei pressi dell’interporto di Trento, procede quindi in stretto affiancamento alla linea storica per circa 2,5 chilometri, per poi portarsi in prossimità dell’ex scalo merci Filzi dove ha origine il tunnel che sbuca a sud del capoluogo in località Acquaviva nella frazione Mattarello di Trento. Qui avviene l’interconnessione con la linea esistente. In futuro il nuovo tracciato indipendente ad alta capacità proseguirà con la circonvallazione di Rovereto la cui opera principale è la galleria Zugna di 17 chilometri. Originariamente era previsto che le circonvallazioni di Trento e Rovereto marciassero in parallelo (come unica variante prioritaria identificata come terzo lotto), ma ora le due opere sono state sdoppiate e la seconda tratta rinviata nel tempo. A patto che la prima arrivi effettivamente ai cantieri senza incidenti di percorso.
Piermario Curti Sacchi