Il conflitto in corso in Ucraina porta con sé molte ricadute sulle relazioni internazionali, anche su aspetti all’apparenza distanti. Questo perché la guerra non si combatte solo sui campi di battaglia o con l’arma moderna dell’attacco informatico, ma fa leva anche sulla politica economica, come possono essere i progetti già delineati di nuove direttrici ferroviarie. L’ordine di ritirata in questo caso coinvolge un progetto che pareva ormai avviato e consolidato, almeno fino al 24 febbraio 2022, quello di realizzare un nuovo corridoio ferroviario attrezzato con lo scartamento largo di tipo russo (1520 mm) per arrivare senza rotture di carico attraverso l’Ucraina e la Slovacchia direttamente alle porte di Vienna e creare qui un grande terminal di smistamento delle merci provenienti dall’Asia.
Questo progetto è sempre stato spinto fortemente e sponsorizzato dalle ferrovie russe. Ora la guerra ha rimesso tutto in discussione e anche gli scenari geopolitici sono rapidamente mutati in pochi giorni: ciò che prima appariva un’opportunità, ora assume addirittura il volto del colonialismo russo. All’indomani dello scoppio del conflitto, nell’aprile 2022 le ferrovie austriache Öbb si sono ritirate rinunciando alla propria quota detenuta in una società di scopo che avrebbe dovuto realizzare la nuova direttrice ferroviaria, ponendo così una seria ipoteca sul progetto.
Il corridoio a scartamento ferroviario largo prevedeva un percorso lungo 450 chilometri che dal confine slovacco-ucraino a Košice nella Slovacchia orientale, attraverso Bratislava, avrebbe raggiunto Vienna, vista come porta d’ingresso nell’Europa centrale. Nella zona a est della capitale austriaca era prevista la costruzione di un grande hub di smistamento per le merci e il trasbordo dei carri dallo scartamento russo a quello standard europeo. Secondo gli studi preliminari, si ipotizzava di raggiungere un traffico di 24 milioni di tonnellate annue di merci entro il 2050.
Già nel 2013, quattro consorzi internazionali avevano presentato una manifestazione di interesse a realizzare la nuova linea e nel 2019 i ministeri competenti di Russia, Slovacchia e Austria avevano sottoscritto un’intesa per avviare a breve l’intervento con un investimento ipotizzato superiore ai 6 miliardi di euro e circa otto anni di lavori. Ora con la guerra in corso, e soprattutto anche in seguito alla decisione austriaca, tutto lascia supporre che il progetto abbia ricevuto un colpo mortale.
Ma questo non è tutto. Perché a essere messa in discussione non è solo la ferrovia Košice-Vienna, in quanto si delinea addirittura un’inversione di tendenza: non solo le ferrovie russe si vedranno preclusa la strada per estendere la propria rete ferroviaria verso l’Europa, ma chi ora adotta lo scartamento largo di tipo russo, vedi l’Ucraina, ha già manifestato l’idea di abbandonarlo progressivamente (con tempi e modi ancora da definire) per adottare quello standard europeo e quindi per integrarsi completamente con la rete ferroviaria continentale rispetto alle relazioni storiche con Mosca. Al di là di quelli che saranno gli esiti del conflitto in corso, sul fronte ferroviario, la Russia pare abbia già perso una delle sue battaglie.
Piermario Curti Sacchi