Il lavoro dei quattro periti nominati dal Gip di Genova, Angela Nutini, per indagare sulle cause del crollo del ponte Morandi di Genova che il 14 agosto del 2018 causò la morte di 43 persone ha prodotto una relazione di cinquecento pagine da cui emerge che il crollo del viadotto sarebbe stato causato dalla corrosione della parte sommitale del tirante della pila 9. È la conferma di una delle prime ipotesi, da cui deriva che alla base del crollo ci sia stata una manutenzione inadeguata.
Lo afferma la relazione stessa: “Se i controlli e le manutenzioni fossero stati eseguiti correttamente”, compresi interventi di retrofitting, “con elevata probabilità avrebbero impedito il crollo”. La rottura del tirante, che ha causato il collasso della struttura, sarebbe infatti derivata dalla elevata corrosione. La relazione dei periti cita direttamente la società Autostrade per l’Italia che “avrebbe dovuto avere una conoscenza adeguata di come l’opera era stata costruita”. Tale conoscenza, aggiungono i periti, “avrebbe permesso di individuare il grave difetto costruttivo nell’ultimo tratto del tirante, in corrispondenza della sommità dell’antenna, consentendo di prevedere e tenere sotto controllo il processo di degrado”.
Lo stesso progettista del ponte, Riccardo Morandi, aveva ammonito a tenere sotto controllo il possibile la corrosione dei cavi d’acciaio e i tecnici avevano rilevato fin dal 1985 “un già diffuso stato di ammaloramento e proposto modifiche non sempre e non compiutamente accolte”. Nel 1993 vennero attuati interventi nelle pile 9 e 10, ma la relazione precisa che da tale data “non sono stati eseguiti interventi che potessero arrestare il processo di degrado in atto e/o di riparazione dei difetti presenti nelle estremità dei tiranti che, sulla sommità del sud-lato Genova della pila 9, erano particolarmente gravi”.
La carenza di controlli e interventi di manutenzione hanno interessato soprattutto la pila 9, quella che ha causato il collasso del ponte, per la quale la società Autostrade aveva previsto il retrofitting, però mai realizzato. Secondo i periti è mancato “un coordinamento ingegneristico in grado di raccogliere e confrontare tra loro tutte le informazioni disponibili che, seppur incomplete, dovevano destare un ben maggior allarme sullo stato dell’opera”.
I periti citano anche l’ipotesi diffusa poche ore dopo il crollo del ponte che metteva sotto accusa un autoarticolato transitato sul ponte durante il crollo, sostenendo che l'evento fosse stato causato da un coil caduto dal veicolo. La relazione esclude tale possibilità: “Le analisi svolte portano ad escludere con elevata probabilità l’ipotesi che il coil possa essere caduto dal tir mentre quest’ultimo transitava a cavallo del giunto tra la pila 9 e il tampone 10”. aggiungendo che “la posizione a terra del semirimorchio e del coil sono pienamente compatibili con l’ipotesi che i due corpi siano precipitati entrambi insieme fino a giungere al suolo”.
Alla domanda se ci possano essere elementi indipendenti dalla manutenzione che possano aver causato il collasso del ponte, i periti rispondono negativamente. Le conclusioni dei quattro esperti – due docenti del Politecnico di Milano e due dell’Università di Pisa – saranno discusse durante l’incidente probatorio sulle cause del crollo, nell’ambito dell’inchiesta ancora in corso da parte della Procura di Genova. Le udienze ricominceranno a gennaio 2021.