L'inchiesta è stata avviata dalla Procura di Lodi e attuata dalla Guardia di Finanza, che hanno indagato alcuni imprenditori e professionisti che facevano capo ad alcune società d'informatica operanti soprattutto nel settore della logistica e che hanno servito anche alcuni porti. Secondo gli inquirenti, gli indagati avrebbero costituito alcune società di comodo per evadere il Fisco e e i contributi previdenziali dei collaboratori (grazie al Jobs Act). A capo dell'organizzazione ci sarebbero due imprenditori di Codogno (padre e figlio, di cui non sono forniti i nomi, come per quelli di tutti gli indagati) e un commercialista di Latina. Queste tre persone sono soggette a misure cautelari in carcere, mentre altri quattro indagati sono ai domiciliari e uno all'obbligo di presentazione.
La Finanza afferma che i due imprenditori dell'informatica avrebbero pianificato azioni illecite fin dal 2011, con la consulenza del commercialista di Latina, che avrebbe permesso loro di evadere Iva per 14,6 milioni di euro usando fatture per operazioni inesistenti per complessivi 36,6 milioni.
La Finanza aggiunge che gli imprenditori avrebbero "artificiosamente licenziato e poi riassunto numerosi dipendenti, previo passaggio nelle liste di mobilità o in seguito a licenziamenti per giustificato motivo, intendendo, in tal modo, usufruire indebitamente delle agevolazioni previste dalla normativa lavoristica sulle nuove assunzioni, introdotte con la Legge di Stabilità 2015 (cosiddetto Jobs Act) e generando, così, una truffa aggravata ai danni dello Stato per 132.955 euro".
Oltre agli otto arresti cautelari, la Guardia di Finanza ha sequestrato beni mobili e immobili per 26 milioni di euro. I reati contestati agli indagati sono, a vario titolo, l'associazione per delinquere finalizzata all'emissione ed all'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, indebite compensazioni e truffa aggravata ai danni dello Stato, nonché altri reati fiscali per omessa o infedele dichiarazione.
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