L’indagine Black Coop, che nel 2017 smantellò una frode fiscale attuata nella logistica tramite un giro di cooperative aperte e chiude senza pagare le imposte ha portato alla fine di marzo 2021 al sequestro di beni e valori per 650mila euro ai due indagati ritenuti gli organizzatori dell’evasione, un cittadino italiano e uno albanese, che erano stati arrestati nel 2017. L’attuale provvedimento rientra tra le misure di prevenzione patrimoniale previste dal Codice Antimafia. L’indagine ha svelato che dal 2011 i due imprenditori, con la complicità di un commercialista di Torre del Greco, avevano iniziato a costituire e poi a chiudere le cooperative di facchinaggio e spedizione per gestire un appalto con un corriere espresso (non coinvolto nell'inchiesta).
Le cooperative avevano sede a Livorno e a Rosignano Marittimo e filiali nelle provincie di Pisa, Roma, Caserta e Napoli e per anni non hanno versato le imposte e i contributi previdenziali. La Procura ha applicato la normativa antimafia perché, spiega una nota della Finanza i due imprenditori “sono stati giuridicamente qualificati come socialmente pericolosi, in relazione sia alle condanne già riportate per illeciti che vanno dal trasferimento fraudolento di valori ai delitti tributari, ai reati contro la persona e il patrimonio, sia ad altri giudizi in corso per bancarotta, denotando uno stile di vita delinquenziale, ossia abitualmente dedito ai traffici delittuosi ovvero vivendo abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività illecite, ossia, nel caso di specie, la costituzione e la gestione di cooperative mediante un’associazione per delinquere ramificata e capace di raggirare il Fisco”.