Dall’inizio dell’emergenza Covid-19 in Italia, poi estesa in tutto il mondo, sono cresciute le proteste dei lavoratori della logistica Amazon contro la multinazionale, accusata di non avere provveduto in tempo ad adottare provvedimenti per impedire la diffusione del coronavirus tra i facchini e gli autisti. Le proteste e gli scioperi sono iniziati proprio in Italia e si sono diffuse con la pandemia, raggiungendo anche gli Stati Uniti. All’inizio di aprile 2020, il responsabile della logistica mondiale Dave Clark ha dichiarato che la società ha programmato la distribuzione di dispositivi di protezione individuale e materiale per l’igiene per chi lavora nelle sue piattaforme logistiche.
Ma questa dichiarazione non ha rassicurato i sindacati, perché il 9 aprile 2020 i segretari di tre confederazioni internazionali dei sindacati dei trasporti (Sharan Burrow dell’International Trade Union Confederation, Stephen Cotton dell’International Transport Workers' Federation and Chair of the Council of Global Unions e Christy Hoffman dell’UNI Global Union) hanno scritto una lettera aperta ai lavoratori di Amazon di tutto il mondo. La lettera esordisce con un ringraziamento: “Vi scriviamo per ringraziarvi dei servizi che state fornendo alle vostre comunità durante questa crisi. Sappiamo che molti di voi stanno correndo dei rischi reali per provvedere a voi stessi e alle vostre famiglie e per rendere possibile la consegna di un pacco sulla soglia di casa degli acquirenti”.
Poi viene subito al punto: “Amazon non sta facendo abbastanza per proteggere voi o il pubblico da Covid-19. Lavoratori di tutto il mondo sono risultati positivi nei magazzini di Amazon e in tutta la rete di trasporto e consegna dell'azienda e, a meno che non ci siano cambiamenti reali nel funzionamento dell'attività, i magazzini continueranno a presentare un rischio di contagio non solo per i lavoratori ma anche per la comunità”.
La lettera cita il caso di Christopher Smalls, un lavoratore di un magazzino di New York che ha denunciato la positività al coronavirus di alcuni addetti e ha organizzato una protesta, in seguito alla quale è stato licenziato. “Christopher è un eroe e un informatore che vuole fare la cosa giusta per proteggere tutti noi. Un insulto a Christopher è un insulto a tutti noi. Sia chiaro che il suo atto coraggioso non passa inosservato e che non è solo”.
Sulla situazione internazionale, i tre segretari, affermano che molti lavoratori di tutto il mondo sono uniti, partendo dal nostro Paese: “In Italia, i lavoratori di Amazon hanno scioperato per undici giorni, sono rimasti uniti e hanno costretto Amazon ad attuare cambiamenti. In Spagna e in Francia, i lavoratori con i loro sindacati hanno lottato per rallentare i ritmi di lavoro, per garantire l'allontanamento tra le persone e ottenere altre protezioni. Questa è la democrazia in azione, e noi vogliamo ciò per tutti i lavoratori di Amazon”.
La lettera termina affermando che “l'obiettivo di Amazon è di fare soldi per i suoi azionisti, e non da ultimo per lo stesso Jeff Bezos. Come lavoratori, la nostra responsabilità è la sicurezza e il sostentamento delle nostre famiglie e dei nostri colleghi. I lavoratori di Amazon sono uniti, nei nostri sindacati, nelle nostre città, nei nostri Paesi e in tutto il mondo. Non c'è nulla che non possiamo realizzare”.