Nuova operazione di Polizia contro lo sfruttamento dei facchini nei magazzini, questa volta avvenuta a Padova nei confronti di tre persone indagate per caporalato e riciclaggio. Gli inquirenti hanno concentrato le indagini su alcune cooperative che erano riunite in un'associazione temporanea d'impresa, che abbatteva i costi utilizzando manodopera immigrata, soprattutto originaria del Bangladesh.
Secondo la ricostruzione della Polizia, gli immigrati erano assunti con contratti part-time, mentre lavoravano a tempo pieno. La paga supplementare era corrisposta sotto forma di rimborso spese per missione o ricorrendo ai tirocini formativi per cittadini extra-comunitari. Con tale meccanismo, il consorzio ha eluso il pagamento di parte d'imposte e contributi previdenziali.
La persona ritenuta l'organizzatore della frode utilizzava intermediari che trovavano immigrati disposti a qualsiasi compromesso pur di lavorare e ottenere il permesso di soggiorno tramite un contratto a tempo indeterminato, seppure a tempo parziale (almeno formalmente). Questi stranieri veniva assunti da una società composta quasi esclusivamente da cittadini del Bangladesh che, secondo gli inquirenti, "dietro le intimidazioni e le minacce degli intermediari, erano disposti a svolgere turni di lavoro massacranti".
Durante l'inchiesta, la Polizia ha svolto alcune perquisizioni negli uffici e nei locali cooperative ed imprese legate al circuito della logistica padovana, ma anche in abitazioni ed ogni altro immobile nella disponibilità degli indagati. In tali perquisizioni, informa la Questura di Padova, sono stati trovati elementi che proverebbero le condotte illegali degli indagati per "reiterate condotte di caporalato ai danni dei lavoratori, incidendo anche sulla gestione e partecipazione a eventuali scioperi programmati".
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