Il paradosso del porto di Napoli sta nei numeri: mentre nel primo semestre del 2015 la movimentazione dei container è aumentata del 10,69% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la società che gestisce il terminal, la Conateco, sta rischiando di essere espulsa dallo scalo. Lo scorso 18 giugno, la stessa azienda ha annunciato lo stato di crisi, avviando la procedura di licenziamento per 101 dipendenti, circa un terzo del totale, e riducendo di 250 euro lo stipendio a tutti.
La crisi della Conateco dura da tempo ed è sfociata in un elevato indebitamento. Eppure, i soci fanno capo a grandi gruppi armatoriali: Cosco (attraverso Fuskos) e Msc (attraverso Marinvest). La società imputa la crisi alla inadeguatezza strutturale del porto di Napoli e da anni chiede il dragaggio dei fondali e il potenziamento della darsena di Levante, oltre che una riduzione dei costi portuali. I bassi fondali impediscono l'approdo delle portacontainer di maggiori dimensioni, che si dirigono quindi verso altri porti.
Tra i creditori della Conateco c'è la stessa Autorità Portuale di Napoli, che deve ricevere dalla società 6,5 milioni di euro di canoni. A giugno, il Tribunale di Napoli ha emesso un decreto ingiuntivo per il pagamento di quattro milioni e mezzo. Dopo un ricorso della società, il Tribunale ha sospeso il decreto fino a gennaio 2016, ma ovviamente la crisi rimane. Oltre a ricorrere al Tribunale, l'Autorità Portuale ha anche avviato la procedura per la decadenza della concessione alla Conateco, discussa dal Comitato Portuale di giovedì 16 luglio, che ha deciso un rinvio al 30 settembre, a condizione che la società chiarisca con adeguata documentazione la sua situazione.
Intanto, esplode la polemica sulle cause di questa crisi. Conateco ritiene che sia dovuta essenzialmente all'Autorità Portuale, che in questi anni non ha adeguato il porto alle portacontainer più grandi, causando uno stallo nella movimentazione dei container, mentre altri porti crescevano. I sindacati chiedono invece un'analisi dei bilanci della società, affermando che ha accumulato debito non solo verso l'Autorità Portuale, ma anche nei confronti degli enti previdenziali e di Equitalia. Il lavoro c'è, quindi i licenziamenti non sono giustificati, è la tesi dei sindacati. L'Autorità Portuale rinvia al ministero dell'Ambiente la questione dei dragaggi, che finora non hanno ricevuto le autorizzazioni ambientali.
Intanto, l'agitazione dei portuali spinge le navi ad approdare in altri scali del Tirreno, mettendo in crisi l'intera filiera logistica. Si stima che gli scioperi di questa settimana abbiano sottratto alle banchine napoletane almeno duemila container. E gli scioperi potrebbero proseguire anche la prossima settimana. Una situazione che ha spinto la Fai della Campania a proclamare lo stato di agitazione.
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