Molti analisti e operatori di mercato si sono avventurati nelle ultime settimane a cercare di prevedere quale possa essere un tempo ragionevole da attendere per assistere a un'inversione di tendenza significativa nel trend dei noli delle navi bulk carrier. Alcuni parlano di almeno un paio d'anni d'attesa (non prima di fine 2017, dunque, nella migliore delle ipotesi), ma c'è anche chi sostiene che il dry bulk stia vivendo una crisi di mercato che non è ciclica ma strutturale. Alimentata dalla containerizzazione, dal rallentamento dell'economia cinese e dalla crisi del carbone.
La tesi di una crisi strutturale senza ritorno è sostenuta da Fabrizio Vettosi, direttore generale del fondo Venice Shipping & Logistica e noto analista di settore, secondo cui "di dry cargo se ne trasporterà sempre meno, mentre il major bulk è connesso alla Cina (per il 56%), in particolare la produzione di acciaio andrà ristagnando o calando. Il carbone non si utilizzerà più, penso in un decennio verrà quasi completamente sostituito da fonti alternative (ad esempio il solare)".
Ma mentre la filiera del trasporto marittimo di rinfuse secche "maggiori" (carbone, minerale di ferro, ecc.) è sempre più controllato dalla Cina, lo stesso segmento di business per le rinfuse minori (sabbie, cemento, fertilizzanti, prodotti siderurgici e forestali) sta scomparendo per effetto della containerizzazione. Vettosi questo aggiunge: "Il minor bulk sarà (lo è già) quasi completamente soppiantato dalla containerizzazione che è un processo inarrestabile, basti pensare che nel 1990 il bulk trade in tonnellate valeva sette volte il trade container; attualmente non vale più di 2,5 volte. Ciò significa che sempre più diverse tipologie di merci viaggiano dentro i box. Già oggi i coil fino a 25 tonnellate vanno in container, idem per la carta, quindi i trade minor bulk, pur dipendendo dalla Cina solo per il 14%, saranno sostituiti dai container che saranno sempre più competitivi alla luce delle maggiori dimensioni delle navi (fino 22 mila teu)".
In sintesi, secondo il direttore di VSL, "se ad oggi abbiamo un surplus di navi dry del 35% (forse anche del 40%), la domanda non cresce più, anzi si contrae a ritmi del 1-2%, e devono ancora arrivare sul mercato 118 milioni di tonnellate di portata lorda di stiva con nuove navi ordinate da armatori (inclusa Venice Shipping & Logistics). Ditemi voi se non è cambiato il modello di business".
Secondo l'ultimo Dry Bulk Trade Outlook di Clarksons Research, a fine novembre 2015 il portafoglio ordini di navi bulk carrier ammontava a 1.532 nuove costruzioni, pari al 14% della flotta mondiale attualmente in acqua. Di queste 247 sono Capesize, 315 Panamax, 588 Handymax e 382 Handysize. Nel 2015 sono in programma 203 consegne di nuove unità dry mentre nel 2017 (salvo cancellazioni o ritardi) si assisterà a una vera e propria ondata di nuove costruzioni con 965 nuove bulk carrier previste entrare sul mercato. Altre 364 arriveranno dal 2017 in poi secondo il portafoglio ordini attuale.
Nicola Capuzzo
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