“Possiamo ipotizzare una nuova era del potere marittimo”: lo sostiene Alessandro Santi, presidente della Federazione Nazionale degli Agenti Marittimi (Federagenti) da un paio d’anni e la crisi del Mar Rosso sembra confermare questa tesi. Egli spiega che “alcuni media dei primi due Paesi, Stati Uniti e Gran Bretagna, impegnati direttamente sul fronte bellico nello stretto di Bab el-Mandeb e nel Mar Rosso, ne parlano apertamente: il destino del mondo, sia dal punto di vista geo-strategico e militare, sia dal punto di vista economico, commerciale, fonti energetiche incluse, si gioca tutto sul mare”. Però, l’Italia paga una “incapacità diffusa di governare questo prepotente ritorno al centro, del mare”.
Per rafforzare la sua tesi, il presidente di Federagenti precisa che “il mare con un commercio marittimo aumentato anche nel passato anno del 3% a 12,4 miliardi di tonnellate, con più dell’80% delle merci scambiate nel mondo che viaggiano su navi, è quanto di più fragile possa esistere. Se poi le considerazioni si estendono alla rete di gasdotti, oleodotti, elettrodotti e cavi per la trasmissione di dati, la ‘sorpresa’ con cui l’Occidente, ma in genere tutti i Paesi ne scoprono l’importanza strategica è sconcertante”.
Ciò richiederà ai Paesi bagnati dal mare “d’implementare sistemi di controllo e stabilizzazione non solo militare, ma anche e soprattutto un cambiamento di mentalità. La diplomazia dovrà concentrarsi sui porti, sulle alleanze tra Stati sul mare e sulle rotte commerciali”. Per Santi, un segnale da cogliere è l’appoggio che alcuni Paesi europei (Paesi Bassi, Germania e Danimarca) hanno fornito alla missione militare anglo-americana contro gli Houthi dello Yemen: “Sul mare si sta costruendo un nuovo ordine mondiale ed è paradossale, oltre che suicida, che Paesi come l’Italia o anche la Spagna (all’insegna di un europeismo di comodo) attendano lumi da Bruxelles e da una Unione Europea, una volta di più lenta e poco efficace, accettando implicitamente di affidare ad altri il loro destino”.
L’Italia appare “incapace ad oggi di svolgere un ruolo da protagonista che, invece, con il cosiddetto Piano Mattei si propone di ricoprire”. E Santi ammonisce che “l’assenza dalla cabina di comando delle strategie mondiali rischia di essere pagata a caro prezzo da chi già oggi si avvia, con il perdurare della situazione, a subire uno choc di approvvigionamento, anche energetico, e di aumento dei costi quali diretta conseguenza dell’adattamento della catena logistica con la circumnavigazione dell’Africa e il potenziale black-out mediterraneo”.