Almeno tre, massimo cinque anni. Questo è il tempo necessario per la ripresa economica del trasporto marittimo di container, se nel frattempo non appariranno cambiamenti significativi, come un consolidamento dell'industria o altri shock esterni. Di fatto, nei prossimi esercizi la tendenza dell'eccesso di stiva e delle perdite per molte compagnie di navigazione è destinata a proseguire. Questa è la previsione dello studio intitolato "The ridden opportunity in container shipping" e pubblicato da McKinsey&Company.
La ricerca intende suggerire alle compagnie marittime internazionali la rotta da seguire per uscire dall'attuale crisi. Con l'ingresso sul mercato di navi di portata sempre maggiore a fronte di una crescita limitata del Pil mondiale e dei traffici marittimi di prodotti finiti, i noli, e quindi i ricavi delle compagnie, resteranno sotto pressione ancora per un certo periodo di tempo. Secondo l'analisi di McKinsey, i liner dovrebbero intervenire sulle gestione aziendale agendo su tre linee d'azione (commerciale, operativa e strategica) per recuperare il 10-20% di profitti grazie a una maggiore produttività ed efficienza.
Dal punto di vista commerciale, le compagnie dovrebbero adottare strategie di marketing e di prezzo più sofisticate, cercando di passare dalle tariffe basate sul costo quelle che riconoscano il valore di specifici servizi. Per attuare questa strategia, i carrier dovrebbero condurre un'approfondita analisi su quanti e quali container e caricatori garantiscono il profitto maggiore su ogni viaggio, dovrebbero commercializzare meglio i servizi di trasporto di ultimo miglio, le soste in porto e altre attività. Infine, gli armatori dovrebbero trovare il giusto mix tra il riempimento delle navi e la massimizzazione dei noli richiesti, e quindi dei guadagni.
Sul fronte operativo, invece, l'ottimizzazione dell'attività per le compagnie di navigazione passa - secondo McKinsey - attraverso una gestione migliore e più efficiente dei rifornimenti e dei consumi di carburante (in questo rientra anche la ricerca di minori tempi di sosta in porto per il carico e scarico dei container), su un'ottimizzazione degli acquisti (intesi come tariffe inferiori da spuntare ai terminal portuali, alle compagnie di feeder, agli autotrasportatori e ai Multimodal Transport Operator) e sul migliore sfruttamento degli asset navali (per esempio, uno studio e un software per migliorare i piani di stivaggio dei carichi a bordo può portare di riflesso a un migliore utilizzo degli asset e in alcuni casi anche alla riduzione della navi operate in flotta).
La terza linea d'azione suggerita per migliorare la produttività dei global carrier è la scelta tra avere navi di proprietà o ricorrere alle formule di leasing o noleggio. Molte compagnie di navigazione prediligono la seconda mentre, come spiega Stefano Napoletano, senior partner McKinsey&Company e responsabile Infrastrutture per il Mediterraneo, "potersi permettere l'acquisto di naviglio è sintomo di solidità finanziaria e patrimoniale. Molto spesso, chi sceglie il leasing di navi lo fa perché in questo momento non può permettersi investimenti tanto onerosi".
Guardando più nello specifico la nostra realtà nazionale e continentale, Stefano Napoletano sottolinea come "in un'industria dei container caratterizzata ormai da un cronico eccesso di offerta, un riallineamento fra domanda e offerta di trasporto marittimo potrà avvenire soprattutto tramite il consolidamento del mercato, come è già avvenuto in altre industrie con dinamica simile. In Europa, e soprattutto in Italia, questo accade con maggiore difficoltà, perché molte aziende sono padronali e difficilmente si aprono ad alleanze o cedono le proprie flotte ad altri operatori concorrenti. Ciò nonostante, si arriverà inevitabilmente a un punto in cui i piccoli non potranno rimanere al passo con i grandi nei nuovi investimenti e verranno inglobati". È quanto già sta avvenendo con il ristretto club di compagnie di navigazione che sta investendo in navi portacontainer da 18-20mila teu, sfruttando maggiori economie di scala sulle rotte intercontinentali.
Sul fatto che le compagnie di navigazione "pretendano" dai terminal portuali procedure più rapide ed efficienti per consentire un miglioramento delle prestazioni operative delle linee marittime, Napoletano allarga il discorso anche agli anelli retroportuali della catena logistica: "Non solo i terminal portuali devono cercare di essere più produttivi per permettere alle navi di recuperare efficienza, ma il discorso vale anche per lo sdoganamento delle merci, per i retroporti e per i trasporti terrestri. Le falle di produttività si ripercuotono lungo tutta la filiera del trasporto e per migliorare questa situazione un intervento prioritario dev'essere consentire ai porti e ai retroporti di parlarsi attraverso un'unica interfaccia telematica".
Nicola Capuzzo
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