Dopo l’improvvisa interruzione della trattativa sul rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori portuali avvenuta il 2 febbraio, i sindacati Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti hanno avviato una serie di assemblee nei porti italiani per spiegare ai lavoratori la loro posizione e si dichiarano “pronti ad azioni di lotta”. La prima assemblea si è svolta l’8 febbraio 2024 nel porto di Livorno. In una nota congiunta, le tre sigle dichiararano che “sono indispensabili aumenti economici per mitigare gli effetti dell’inflazione che sempre di più incidono sul potere d’acquisto e una maggiore sicurezza che in un settore ad alto rischio come quello portuale si raggiunge attraverso strumenti contrattuali, ma anche legislativi, ad esempio riducendo l’incertezza interpretativa della norma 272/99 e con forme di bilateralità che possano aiutare le famiglie delle vittime. Senza un chiaro segnale in questo senso sarà difficile risolvere la situazione di stallo al tavolo”.
I sindacati chiedono anche che il ministero del Lavoro attivi il Tavolo di confronto sulla riforma dei porti. Sono richieste “chiare e irrinunciabili”, illustrate a Livorno “in un clima molto caldo e molto partecipato con oltre 300 lavoratori che hanno espresso pieno sostegno a eventuali azioni di lotta che potranno essere programmate prossimamente e siamo sicuri che registreremo lo stesso sostegno negli altri incontri in programma nelle prossime due settimane”.
Sul versante opposto, il 10 febbraio le associazioni datoriali hanno annunciato che il 14 febbraio presenteranno due proposte di Legge sul lavoro usurante e sul prepensionamento durante l’audizione alla XI Commissione della Camera. La prima riguarda il riconoscimento del lavoro usurante per alcune mansioni del lavoro portuale, la seconda la costituzione di un fondo per il prepensionamento. In una nota diffusa da Assiterminal si legge che questa “non vuole essere una risposta ai sindacati a seguito dell’interruzione, da parte loro, della trattativa per il rinnovo del contratto di lavoro dei porti. Certo, dovrebbe essere letto anche come un segnale distensivo, ma è soprattutto la prosecuzione di un percorso in cui crediamo fortemente, avviato da tempo e che che ha già portato due anni fa al riconoscimento del lavoro portuale tra i lavori gravosi e al primo avvio normativo per la costituzione del fondo prepensionamenti, poi bloccato dalla burocrazia del Mef”.
La nota parla anche della trattativa sul contratto: “Attendiamo l’esito delle assemblee convocate dai sindacati nei territori. Ci sono notevoli distanze? Beh, dipende sempre da dove e come si parte, ma anche dalla sostenibilità del punto di arrivo. Siamo consapevoli che questo rinnovo sia condizionato dalla fluidità dell’inflazione e dal costo reale della vita, infatti abbiamo posto il tema del welfare anche come strumento di bilanciamento tra gli elementi della retribuzione: nelle aziende in cui questi strumenti sono utilizzati i lavoratori ne apprezzano l’efficacia”.
Le associazioni sottolineano che il settore portuale è frammentato in 250 imprese che occupano 12mila lavoratori in cinquanta porti. Si passa da piccole imprese a multinazionali: “Per fare un esempio, il 60% dei traffici container si concentrano su meno di dieci aziende, il 65% delle aziende terminaliste e delle imprese portuali stanno sotto i 10 milioni di euro di fatturato caratteristico”. La nota aggiunge che “il valore del contratto non sta solo nel fatto di essere richiamato dalla legge 84/94, ma soprattutto nel fatto che deve avere promuovere un impianto normativo efficace e quindi esprimere un valore aggiunto per il corretto bilanciamento tra l’organizzazione del lavoro e le condizioni in cui il lavoro si presta da parte delle persone, in equilibrio economico tra sostenibilità per tutte le imprese che lo adottano e effetti per i lavoratori”.