Secondo l'edizione 2015 del Global Container Operators Annual Report, il sessanta percento dell'incremento avverrà nei terminal asiatici, portando la domanda globale di movimentazione nel 2019 a 850 milioni di teu. Bisogna però precisare che le previsioni sono state svolte prima dell'attuale crisi che sta investendo l'economia cinese e che ha ancora esisti imprevedibili sull'economia globale e, quindi, sulla movimentazione di contenitori.
Se la tendenza di Drewry sarà confermata, la società ritiene che le società terminaliste dovranno attuare ingenti investimenti nelle strutture. In primo piano ci sono gli operatori globali PSA e APM Terminals, che dovranno sostenere un traffico maggiore pari, rispettivamente, a 24 e 16 milioni di teu. E non saranno coinvolti solamente i terminal dei Paesi che ora dominano i traffici, ma soprattutto quelli di aree emergenti, come India, Ghana e Colombia. Questa evoluzione potrebbe far crescere alcuni terminalisti che oggi non sono in primo piano, come Yilport, Ports America, Gulftainer e Shanghai International Ports.
Oltre alle potenzialità di sviluppo, la tendenza attuale porta anche importanti sfide ai terminalisti, che devono affrontare l'aumento della dimensione delle portacontainer e la relativa ristrutturazione delle rotte. Sul loro futuro influirà anche l'aggregazione tra compagnie marittime, che sta portando le principali rotte nelle mani di pochissimi operatori, che potranno così decidere il destino dei porti sulla base delle loro toccate.
In compenso, afferma il rapporto, le società terminaliste che supereranno tale sfida potranno raccogliere significati frutti: infatti, il loro Ebitda potrà variare tra il 20% e il 40%. Perciò, questo settore resterà interessante per gli investitori finanziari, più di quello del trasporto marittimo che soffre della riduzione dei noli, che resteranno volatili anche nel prossimo futuro.
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