L’amministrazione Trump ha annunciato a febbraio 2025 due provvedimenti per contrastare i cantieri cinesi e l’uso di navi cargo con bandiera estera per esportare le merci statunitensi. Il piano prevede due interventi principali: una tassa fino a un milione di dollari per ogni nave costruita in Cina che attracchi in un porto statunitense e una sorta di obbligo di trasporto su navi statunitensi. In quest’ultimo caso in una fase iniziale almeno l’1% delle esportazioni americane dovrà essere trasportato su navi battenti bandiera statunitense e gestite da operatori nazionali. Questa soglia aumenterà gradualmente fino a raggiungere il 15% in sette anni e, successivamente, verranno introdotti requisiti che prevedano l’utilizzo di imbarcazioni costruite negli Stati Uniti.
Queste misure estendono i principi del Jones Act, una legge federale che già impone l’uso di navi americane per il trasporto di merci tra porti interni e nasce dalla considerazione che negli ultimi venticinque anni, la Cina ha consolidato la propria posizione al vertice nella costruzione di navi mercantili, passando da una quota di mercato inferiore al 5% nel 1999 a oltre il 50% nel 2023. Attualmente, le compagnie cinesi possiedono il 19% della flotta commerciale mondiale e dominano la produzione di container con un controllo del 95% del mercato.
Questo scenario ha suscitato crescenti all’interno negli Stati Uniti, che temono una dipendenza eccessiva dalle infrastrutture cinesi per il commercio globale. Secondo il rapporto dell’Ufficio del Rappresentante per il Commercio (Ustr), la Cina ha raggiunto questa posizione dominante attraverso una strategia aggressiva di sottocosto, bassi standard lavorativi e sussidi statali, che hanno messo fuori gioco la concorrenza internazionale. L’industria cantieristica statunitense, in confronto, occupa solo il 19° posto a livello globale e costruisce meno di cinque navi all’anno, mentre la Cina ne produce oltre 1.700.
Ci sono però delle controindicazione a questo programma e la principale è un aumento dei costi dei trasporti da e per gli Usa, che potrà trasferirsi sui consumatori finali. Le aziende del settore retail hanno già espresso preoccupazione per il possibile impatto sui prezzi dei beni importati e sulle catene di approvvigionamento globali. Inoltre, resta incerto se queste misure possano essere sufficienti a rivitalizzare la cantieristica statunitense, indebolita nonostante le protezioni in vigore da oltre un secolo.
Siccome i dazi sulle navi cinesi riguardano, appunto, solo quelle costruite in Cina e poiché l’industria cantieristica statunitense non è in grado di sostituirli in breve tempo, questo programma potrà offrire un vantaggio competitivo ai cantieri navali della Corea del Sud e del Giappone, già ora al vertice nel settore delle costruzioni navali insieme alla Cina. Queste proposte saranno sottoposte a una fase di consultazione pubblica, con un’audizione prevista per il prossimo mese.