Con un telegrafico comunicato, Cnh Industrial ha annunciato il 17 aprile 2021 l’interruzione delle trattative per vendere Iveco al Gruppo automobilistico cinese Faw: “Cnh Industrial conferma di aver terminato le discussioni con Faw Jiefang per quanto riguarda il business On-Highway della società e sta proseguendo i suoi piani per uno spinoff di queste attività all'inizio del 2022. Cnh Industrial ritiene che ci siano significative opportunità per sviluppare il suo business On-Highway accelerando la diffusione di soluzioni e infrastrutture di trasporto sempre più sostenibili, in linea con le ambizioni del Green Deal dell'UE”.
Termina con queste parole il lungo corteggiamento del Gruppo cinese al costruttore europeo di veicoli industriali, caratterizzato da interruzioni e riprese e che ha mostrato un risveglio nelle ultime settimane, quando Faw ha avviato il processo di due diligence. Il Gruppo italiano non spiega i motivi della rottura, che appare definitiva, per la quale quindi si possono solo fare ipotesi. La principale è politica. Infatti, l’ingresso dei cinesi in Iveco ha trovato l’opposizione dei politici non solo italiani, ma anche francesi, e dei sindacati.
L’intervento della politica è confermato dalle dichiarazioni del ministro per lo Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, che sopo il comunicato d’Iveco ha dichiarato: “accogliamo con favore e valutiamo positivamente la notizia del mancato perfezionamento della trattativa”, confermando che il “Governo italiano ha seguito con attenzione e attiva discrezione tutta la vicenda perché ritiene la produzione di mezzi pesanti su gomma di interesse strategico nazionale”. Anche il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, ha dichiarato la sua soddisfazione per la sospensione del negoziato.
Ci potrebbero essere anche motivi di ordine economico sulla valutazione dell’azienda. La trattativa è girata intorno a una valutazione dell’Iveco di tre miliardi e mezzo di dollari, ma questa cifra comprendeva attività che molto difficilmente avrebbero potuto finire nelle mani cinesi, sempre per motivi politici. La prima è la produzione di veicoli militari svolta da Iveco Defence di Bolzano e la seconda è la partecipazione nella statunitense Nikola per lo sviluppo e il commercio di veicoli industriali elettrici, che evidentemente non è allineata con l’attuale scontro geo-politico tra Stati Uniti e Cina.
La seconda frase del comunicato Iveco conferma la volontà di Cnh Industrial di riprendere il programma di scorporo d’Iveco, annunciato a settembre 2019 e poi sospeso a causa della pandemia di Covid-19. Ora il Gruppo annuncia che avverrà all’inizio del prossimo anno, incassando anche l’appoggio del Governo italiano. Sempre il ministro Giorgetti ha infatti dichiarato che il Mise è pronto a sedersi al Tavolo per “tutelare e mantenere questa produzione in Italia”.
Produzione che però si è assottigliata nel tempo e che oggi comprende gli stabilimenti di Suzzara, che produce il leggero Daily, di Brescia, per il medio Eurocargo e per gli allestimenti antincendio, di Piacenza, per i veicoli da cava Astra, di Colzano, per i veicoli militari. Complessivamente, Iveco ha ventiquattro stabilimenti in undici Paesi del mondo, occupando 25mila persone, di cui circa seimila in Italia.