La terza sentenza della Cassazione, emessa il 25 marzo 2016 dalla Sezione Lavoro (numero 6013), conferma che le rilevazioni del cronotachigrafo non sono sufficienti per stabilire il tempo di lavoro straordinario svolto dagli autisti, che quindi devono produrre elementi supplementari, anche se di carattere indiziario o presuntivo, che possono essere presentati dall'interessato oppure acquisiti dal Giudice del Lavoro. Solo dopo avere presentato una documentazione più completa, i dati del cronotachigrafo servono per determinare l'importo da versare come risarcimento per il mancato pagamento dello straordinario.
I giudici sono stati chiamati a decidere sul caso di un lavoratore che aveva citato l'azienda per non avergli pagato lavoro straordinario che avrebbe svolto dal per due anni, dal 1996 al 1998. In primo grado, l'azienda venne condannata a pagare al dipendente 9.288,85 euro, più gli interessi e la rivalutazione. Contro la sentenza di primo grado, i legali della società hanno presentato ricorso in Appello, perdendo anche quello, quindi sono andati fino alla Cassazione.
Nella sentenza 6013 del 25 marzo 2016, i giudici della Cassazione hanno comunque respinto il ricorso della società di autotrasporto, però hanno ribadito che i soli dischi non bastano per far vincere all'autista una causa per lo straordinario, perché il cronotachigrafo è uno strumento "presuntivo" per questo specifico caso. Nonostante ciò, i giudici hanno respinto il ricorso della società perché hanno rilevato che i dischi del cronotachigrafo non erano gli unici elementi portati dai legali dell'autista.
Questa è la terza sentenza della Cassazione che afferma la tesi che il cronotachigrafo non vale, da solo, per provare il lavoro straordinario. La prima è stata emessa il 20 dicembre 2001 (numero 16098), mentre la seconda tredici anni dopo, il 15 maggio 2014 (numero 10366).
SENTENZA CASSAZIONE SU CRONOTACHIGRAFO E STRAORDINARI NUMERO 6013 DEL 25 MARZO 2016
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