Dopo le festività del Capodanno, prolungate in tutta la Cina a causa dell’epidemia del coronavirus Covid-19, le fabbriche cinesi cercano di riprendere la produzione, attività che però è ostacolata dalla lentezza della filiera logistica. Molti addetti alla movimentazione dei magazzini e alla guida dei mezzi di trasporto rimangono in casa per evitare il contagio, quindi gli impianti ricevono scarsi rifornimenti e hanno difficoltà a distribuire i loro prodotti.
I veicoli industriali non possono varcare i confini tra una provincia e l'altra, quindi le spedizioni possono subire diversi passaggi da veicolo a veicolo. Inoltre, gli autisti che entrano nelle città ritenute più a rischio sono controllati individualmente per targa, documento d’identità, autorizzazioni e temperatura corporea, mentre viceversa i veicoli con la targa di città a rischio sono fermati alle porte di altre località o non possono neppure uscire dall'autostrada.
In una intervista al giornale The Loadstar, il direttore generale di Worldwide Logistics Group, Dream Xu, ha dichiarato che numerose aziende di autotrasporto non accettano più commesse perché la maggior parte degli autisti non lavora a causa delle misure di prevenzione attuate per l’epidemia, causando un effetto domino lungo la catena logistica e quella produttiva. Egli ha anche aggiunto che al momento dell’intervista, l’11 febbraio, solo il venti percento delle fabbriche ha ripreso l’attività e si prevede di raggiungere il cinquanta percento entro la terza settimana di febbraio.
Questa situazione sta aumentando la domanda di trasporto ferroviario, che risente meno dei limiti causati dalla prevenzione dell’epidemia. Ciò vale anche per i trasporti internazionali, che arrivano su rotaia fino all’Europa. Resta comunque il problema del trasporto da e per i terminal ferroviari, che deve necessariamente avvenire su strada. Inoltre, le attuali norme prevedono che i convogli siano carichi al 90% per partire, una situazione che penalizza i trasporti espressi.