Tra l’Italia e la Svizzera gli accordi bilaterali che riguardano i trasporti di certo non mancano, ma resta curioso il fatto che periodicamente gli impegni già sottoscritti sono nuovamente confermati senza un vero e proprio salto di qualità sugli investimenti. Non sfugge a questa logica l’ultima intesa sottoscritta a luglio 2023 tra il ministro italiano dei Trasporti, Matteo Salvini, e il suo omologo svizzero Albert Rösti, a capo del Datec, il Dipartimento Federale ai Trasporti. Pochi anni prima, nel dicembre 2012, erano stati i ministri Corrado Passera per l’Italia e Doris Leuthard per la Svizzera a sottoscrivere un memorandum d’intesa sulle infrastrutture ferroviarie.
Per quanto riguarda il trasporto merci, l’accordo del 2012 prevedeva di avviare programmi comuni di investimento per adeguare le linee ferroviarie agli standard europei (dal punto di vista della sagoma disponibile e della lunghezza dei treni) e potenziare i terminal per incrementare la capacità; non ultima era stata individuata l’esigenza di intervenire sui nodi urbani, in molti casi veri e propri colli di bottiglia, come quello di Milano.
Ebbene il protocollo d’intesa firmato a luglio 2023 tra Italia e Svizzera non è certamente una semplice fotocopia di quello datato 2012, ma di fatto poco aggiunge. Si conferma, a livello di principio generale, la volontà di promuovere ulteriormente il trasferimento del trasporto merci dalla strada alla ferrovia. L’unico aggiornamento, se così si può definire, è legato al fatto che nel frattempo la Svizzera ha avviato un vasto programma di interventi noto come fase di ampliamento 2035, dove l’anno indica l’obiettivo finale degli interventi. Il memorandum Italia-Svizzera richiama questa ulteriore prospettiva, ma la cornice dell’intesa resta tutto sommato vaga, anche se c’è da dire che lo scopo di questi documenti congiunti non è certo quello di allegare un dettagliato elenco di interventi puntuali che vanno definiti in altra sede.
Va dato merito sia all’Italia sia alla Svizzera di aver rispettato il cronoprogramma degli interventi già concordati sui valichi alpini: in particolare le opere sono state concentrate sulla direttrice internazionale di Luino con l’adeguamento della sagoma delle linee per renderle adatte ai transiti intermodali senza limiti, oltre all’allungamento del modulo dei binari secondo lo standard 750 metri. Tutto questo è stato ottenuto con una robusta partecipazione finanziaria a fondo perduto della Svizzera anche fuori dai confini nazionali, a conferma di quanto la Confederazione intenda puntare sulla ferrovia merci.
Dopo aver investito a favore dell’Italia i primi 118 milioni di euro lungo la linea internazionale di Luino (e quindi verso il Gottardo), con un successivo accordo del febbraio 2022, il Governo elvetico ha destinato ulteriori 145 milioni di euro per favorire l’adeguamento al progetto “corridoio dei quattro metri” anche per l’itinerario che riguarda Domodossola e il Sempione, da completare entro il 2028.
Che cosa aggiunge dunque a tutto questo il protocollo firmato a luglio 2023? Sarebbe più semplice dire che cosa non contiene la nuova intesa. Al di là dei principi del tutto condivisibili, manca anche in questa occasione l’impegno verso un vero salto di qualità nei collegamenti transfrontalieri in tema di infrastrutture. Sull’asse del Sempione non sarà aggiunto neppure un nuovo metro di rotaia e quindi si continuerà a fare i conti con l’imbuto rappresentato dalla galleria elicoidale tra Varzo e Iselle dove i treni merci transitano quasi a passo d’uomo, così come si rinvia nuovamente l’esigenza di un quadruplicamento della linea tra Monza e Chiasso, compresa un’eventuale gronda ferroviaria est-ovest. E verso Luino resta una linea a binario singolo in un contesto idrogeologico delicato.
Piermario Curti Sacchi