Il grave incidente ferroviario accaduto nella notte tra il 30 e il 31 agosto 2023 alla stazione di Brandizzo che ha causato la morte di cinque operai addetti ai lavori lungo la linea Milano-Torino, al di là del tragico fatto di cronaca, apre uno spaccato sull’attività delle manutenzioni ferroviarie, sulle loro regole ma anche sull’impatto sempre maggiore anche nei confronti dell’esercizio ferroviario e sulla capacità delle linee interessate dai lavori.
Il Piano industriale 2022-2031 del gruppo Fs prevede 110 miliardi di investimenti sulla rete, buona parte dei quali destinati alla manutenzione ordinaria e straordinaria con l’apertura programmata di centinaia di cantieri come quello di Brandizzo. Questi lavori devono fare i conti con i tempi stretti a loro concessi come interruzione di servizio quasi sempre in orario notturno, eseguiti spesso in condizioni critiche anche per il rischio di penali in caso di ritardi, operazioni che al di là delle procedure che esistono e che sulla carta garantirebbero la massima sicurezza, talvolta possono essere forzate per ragioni contingenti.
Occorre subito precisare che la sicurezza nei lavori di manutenzione, con diversi casi di incidenti segnalati dalla cronaca anche in passato, non va confusa con la sicurezza nell’esercizio ferroviario quotidiano. Le ferrovie italiane in genere, e la rete Fs in particolare, si trovano ai primi posti nelle classiche europee. La circolazione è garantita da una tecnologia nota come Scmt (Sistema controllo marcia treno) che integrata con i sistemi di ripetizione segnali in macchina ha praticamente cancellato ogni possibilità di incidente significativo. Il sistema fornisce il controllo della velocità massima ammessa, istante per istante, in base al segnalamento, alle caratteristiche dell’infrastruttura e alle prestazioni del treno, sia in condizioni normali sia degradate, come nel caso di rallentamenti per lavori lungo la linea e interviene automaticamente in caso di inosservanza da parte del macchinista.
La tecnologia Scmt è stata introdotta a partire dal 2003 ma è solo in seguito al grave incidente di Crevalcore (17 morti e ottanta feriti per uno scontro causa nebbia il 7 gennaio 2005 tra un treno passeggeri e un merci) che è stata rapidamente estesa fino a coprire attualmente oltre 13mila chilometri di rete Fs. Questa tecnologia è presente anche su buona parte della rete in concessione ad altre amministrazioni ferroviarie.
Le linee ad alta velocità fin dalla loro costruzione, a partire dalla Roma-Napoli attivata nel 2005 (prima ferrovia in Europa) hanno adottato il nuovo standard Ertms/Etcs, nato con lo scopo di creare un unico sistema di segnalamento europeo, al posto di quelli nazionali, in modo da rendere la rete continentale completamente interoperabile. Sicuro, affidabile e relativamente costoso da implementare, secondo un piano accelerato previsto dal gruppo Fs, entro il 2036 dovrà equipaggiare tutta la rete ferroviaria italiana. Sarebbe però un errore considerare il sistema italiano Scmt come il parente povero dell’Ertms in fatto di sicurezza e vedere le linee AV come una rete privilegiata.
Il piano di investimenti sull’Ertms avanza anche grazie ai fondi garantiti dal Pnrr, ma su quest’ultimo aspetto c’è da considerare una battuta d’arresto in seguito alla revisione del Piano avviata a luglio 2023 dove si propone il definanziamento di 504 milioni di euro in seguito alle criticità emerse sia per la carenza nelle forniture sia per i ritardi nelle autorizzazioni. Ma sul resto si va avanti. Dopo i lavori per un valore di 500 milioni assegnati a novembre 2021 per attrezzare circa 700 chilometri di linee in Sicilia, Lazio, Abruzzo e Umbria, a giugno 2022 Rfi ha aggiudicato la maxi gara da 2,7 miliardi che interessa 4.220 chilometri di linee suddivise su quattro lotti territoriali da attrezzare con l’Ertms e contestualmente “spegnere” l’Scmt.
Piermario Curti Sacchi