L’articolo 2 del decreto del Consiglio dei ministri del 23 febbraio 2020 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del giorno stesso) impone che “gli individui che dal 1° febbraio 2020 sono transitati e hanno sostato nei Comuni di cui all'allegato 1 al presente Decreto sono obbligati a comunicare tale circostanza al Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria competente per territorio, ai fini dell'adozione, da parte dell'Autorità sanitaria competente, di ogni misura necessaria, ivi compresa la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva”. Ricordiamo che a oggi (26 febbraio 2020) i Comuni interessati sono in Lombardia Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D'Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini e in Veneto Vo’.
Sottolineiamo che l’Azienda sanitaria deve adottare “ogni misura necessaria, ivi compresa la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva”. In pratica, per persone considerate a rischio, come dovrebbero essere gli autisti di veicoli industriali che magari sono stati più volte nei focolai e che viaggiano in tutta Italia, bisognerebbe adottare la misura di precauzione della permanenza in casa almeno per i quattordici giorni considerati come l’incubazione del coronavirus. Un insegnamento in tal senso viene dal primo caso di camionista contagiato, che aveva svolto delle consegne nel Comune di Codogno.
La Legge dispone che siano le direttamente le persone, e quindi i singoli autisti, a presentare tale dichiarazione e, a quanto pare, possono farlo anche telefonicamente. Sempre che riescano a prendere la linea. Abbiamo sentito casi di persone che hanno trovato la linea telefonica occupata per ore. Dopo avere fatto la comunicazione, l’Azienda sanitaria dovrebbe dare disposizioni ma il problema che oggi emerge è che ogni Regione si comporta in modo diverso. “Per esempio, di otto autisti di un’azienda di autotrasporto che avevano viaggiato nel focolaio lombardo, i sette che lo hanno comunicato in Piemonte hanno ricevuto la disposizione di continuare a lavorare se non appaiono i sintomi della malattia, mentre quello che lo ha comunicato in Liguria ha ricevuto l’ordine di trascorrere quattordici giorni a domicilio come precauzione”, spiega Giovanni Ciaccio, coordinatore autotrasporto e logistica per la Liguria di Uiltrasporti.
È evidente che questa mancanza di coordinamento tra le Aziende sanitarie vanifica qualsiasi misura di prevenzione ed è quindi necessario che il Governo centrale prenda in mano la situazione e dirami disposizioni omogenee per tutte le Regioni italiane. Sarebbe anche opportuno che la imprese di autotrasporto aiutino i loro autisti in questa opera di certificazione, perché la prevenzione è un dovere, ma anche una convenienza, per l’intera filiera logistica. In tale panorama servono sostegni alle imprese che si troveranno con gli autisti in quarantena.
Un esempio della collaborazione tra autista e impresa di autotrasporto lo porta Corrado Caponetto, che lavora per una società che trasporta container. “Dopo avere saputo dell’obbligo di comunicare il transito in uno dei Comuni della zona rossa ho interpellato sia l’azienda, sia il mio sindacato Uiltrasporti per comunicare che il 17 febbraio avevo compiuto un trasporto a Somaglia. Grazie a questo incrocio di telefonate è stata avvertita l’Azienda sanitaria, che mi ha chiamato dicendomi di restare in casa fino al quattordicesimo giorno seguente al viaggio di Somaglia. Ma già prima l’azienda di aveva indicato di fermarmi. È importante che tutti i colleghi comunichino se hanno operato nei focolai dell’infezione”.