Il Gruppo statunitense Celadon ha chiesto oggi il Chapter 11, ossia la procedura di fallimento. L'azienda, quotata in Borsa, ha sede a Indianapolis e impiega circa 2500 autisti, cui si aggiungono 380 vettori terzi in subappalto. Questa è la richiesta di Chapter 11 più grande nella storia dell'autotrasporto statunitense, anche se non sorprende gli analisti. Il Gruppo, infatti, versa da tempo in difficili condizioni finanziarie e il colpo di grazia è arrivato il 5 dicembre con l'incriminazione di due suoi ex dirigenti per frode sui titoli. Celadon ha una forte esposizione soprattutto con Luminis e Blue Torch, due istituti finanziari che il 4 dicembre hanno deciso di respingere le richiesta di ulteriori fondi, portando così il Gruppo al fallimento.
La società ha diversi importanti committenti, con una forte presenza nell'automotive. Opera sull'asse internazionale nord-sud con una flotta di 2695 veicoli industriali, di cui duemila negli Stati Uniti e gli altri in Canada e Messico. Se l'azienda chiuderà i suoi concorrenti potrebbero festeggiare per due motivi. Il primo è che l'autotrasporto statunitense sta vivendo una crisi dovuta all'offerta di veicoli, che ha già ridimensionato o fatto fallire diverse imprese. Un taglio improvviso di quasi tremila camion sulle lunghe distanze significa quindi una riduzione di capacità e quindi di concorrenza. Il secondo motivo è che sul mercato del lavoro arriveranno tremila autisti esperti da poter assumere, in una fase di carenza di conducenti giovani.
Celadon è stata fondata nel 1985 da due imprenditori, che hanno iniziato l'attività con cinquanta trattori e cento semirimorchi per rifornire l'allora nuovo stabilimento di Chrysler in Messico. Era l'inizio della globalizzazione, che nel settore automotive statunitense ha portato a un intenso traffico di veicoli industriali tra i due Paesi, grazie anche al trattato Nafta. Questa tendenza ha fatto rapidamente crescere Celadon, che nel tempo ha ampliato la flotta e ha esteso l'attività in altri settori, arrivando a gestire una flotta di quattromila veicoli industriali. Nel 2009 l'azienda si è quotata in Borsa.
La crisi è dovuta a diversi fattori, tra cui l'andamento negativo dell'autotrasporto statunitense è solo uno. Contribuiscono anche il lungo sciopero di 40 giorni della General Motors, che ha ridotto il trasporto di componenti e veicoli, e alla fine l'incriminazione di due alti ex dirigenti dell'azienda, Erik Meek e Bobby Peavler, che il 5 dicembre sono stati messi sotto inchiesta per frode sui titoli con l'accusa di avere aumentato il valore dei veicoli industriali in carico all'azienda. I due non lavoravano più in azienda, ma questa incriminazione ha ulteriormente ridotto la fiducia dei finanziatori.
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