Ha usato l’immagine forte del “gabinetto di guerra” il presidente di Federagenti, Alessandro Santi, per risanare i porti e la logistica italiana. Lo ha fatto durante l’assemblea annuale dell’associazione degli agenti e dei raccomandatari marittimi che si è svolta a Venezia il 15 ottobre 2021. Partendo dalla considerazione che l’asse dei traffici marittimi si sta spostando verso sud, a favore del Mediterraneo, che raccoglie il 27% dei traffici container, e che il Pnrr e il Recovery Plan stanno offrendo ingenti risorse, l’Italia potrebbe essere rilanciata come un “grande unico porto”.
Ma secondo Santi ciò non sta avvenendo, anzi la sua relazione evidenzia uno stato di salute “tutt'altro che rassicurante” delle portualità italiana e della sua capacità di sfruttare questa situazione favorevole. E quindi Santi invoca il “gabinetto di guerra, ossia “un centro decisionale dotato di pieni poteri che non sfoci nella solita e inutile cabina di regia”.
Le misure di “emergenza nazionale senza precedenti” dovrebbero migliorare l’accessibilità dei porti sia dal mare (oggi minacciata da insufficienti dragaggi dei fondali) sia da terra. In quest’ultimo caso Santi ha portato l’esempio del caos del nodo autostradale di Genova. “Senza misure di cambiamento radicale, anche i progetti del Recovery Plan non potranno produrre nulla di concreto”, ha dichiarato il presidente di Federagenti.
A sostegno della sua diagnosi della portualità italiana, Santi porta alcuni dati. Il primo è che l’Italia è al decimo posto tra i Paesi del Mediterraneo per quanto riguarda i volumi di transito. “Fanno meglio di noi la Grecia, la Spagna ma anche prepotentemente i porti del nord Africa”. Inoltre, solo il tre percento dell’import-export italiano da e per la Cina transita dei porti della Penisola, a fronte del 49% che usa i Paesi Bassi, il 57% la Grecia, il 39% il Belgio e il 23% la Germania.
Più in generale, aggiunge Santi, La World Bank ci colloca al 19° posto (dato del 2018) nella statistica del Logistics Performance Index, che stima l’efficienza delle catene logistiche dei Paesi prendendo in considerazione sia le infrastrutture fisiche che quelle immateriali. E infine Cassa Depositi e Prestiti stima per le aziende italiane extra costi logistici superiori al 10% rispetto a livello medio dei loro concorrenti europei.