Uno dei tre arrestati l'11 giugno 2015 dalla Guardia di Finanza è un nome noto molto nell'autotrasporto ligure: Riccardo Trusendi. Lo hanno accompagnato in carcere Roberto Piras e Gabrielle Baldar. Il secondo è ritenuto dalla DIA vicino alla 'Ndrangheta, mentre il terzo è un avvocato d'affari svizzero. I tre, con la complicità di una quarta persona già in carcere e due indagate a piede libero, avrebbero rilevato imprese di autotrasporto sull'orlo del fallimento, prima che finissero nella gestione del curatore fallimentare. E se non trovavano aziende decotte, le avrebbero create loro, indebitandole per l'acquisto di automezzi.
Una volta rilevate le aziende, in poco tempo ne avrebbero venduto i beni, tra cui camion e attrezzature per il trasporto, ad acquirenti che non erano a conoscenza della presunta frode. Secondo gli inquirenti, i soldi così ricavati (che gli inquirenti valutano in milioni di euro) erano poi trasferiti in conti bancari all'estero. Quando arrivava il curatore fallimentare, le aziende erano ormai completamente svuotate, danneggiando così i creditori. Inoltre, il quartetto avrebbe creato una ventina di società per comperare e vendere beni d'imprese fallite o per farle fallire dopo avere ottenuto finanziamenti per acquisto di veicoli.
Gli inquirenti hanno avviato l'indagine dopo il fallimento della Caorso Trasporti, nata nel 2008, e ritenuta una creatura di Trusendi. Quando il curatore fallimentare ha verificato la documentazione, ha scoperto che la flotta di 337 camion era sparita, che la cassa era vuota e l'azienda aveva un passivo di undici milioni di euro. La Caorso Trasporti operava nella filiale di Piacenza del Gruppo Trusendi (come era segnato nel sito web della società) e si occupava di trasporto di merci pericolose.
Uno dei tre arrestati, l'avvocato svizzero Gabrielle Baldar, è ritenuto un esperto di finanza internazionale e avrebbe aperto conti correnti in Francia, Monaco di Baviera, Svizzera e Montecarlo, in cui sarebbero transitati i soldi della frode. Il vorticoso giro internazionale di beni e di denaro ha reso molto complesse le indagini, che però l'11 giugno 2015 sono state chiuse con la custodia cautelare degli indagati, che dovranno rispondere a vario titolo dei reati di falso, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza delittuosa e trasferimento illecito di valori.
Per rendersi conto delle somme in gioco, basti pensare che nelle perquisizioni gli investigatori hanno trovato un milione di euro in contanti e assegni intestati alle società fallite per centinaia di migliaia di euro, pronti per essere incassati o riciclati. Inoltre, gli inquirenti hanno sequestrato beni per undici milioni di euro.
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