Nell'industria dello shipping in Italia c'è chi vive mesi di apprensione e chi, invece, inizia a tirare un sospiro di sollievo dopo anni di crisi. I primi sono gli armatori (e più in generale gli addetti ai lavori) che operano nel dry bulk, vale a dire il trasporto marittimo di rinfuse secche (carbone, granaglie, minerali di ferro, ecc.), i secondi sono quelli che operano nel liquid bulk, il business del trasporto di rinfuse liquide (petrolio, prodotti raffinati, olii, ecc.).
In occasione del Shipbrokers & Shipagents Dinner tenutosi a Genova a conclusione della Genoa Shipping Week, il presidente di Assagenti ha parlato di un armamento italiano che "sta cercando di resistere in questo periodo di crisi sfruttando da un lato i benefici del modello di business familiare, vale a dire non aver investito in un numero di navi spropositato quando il mercato era ai massimi, dall'altro però esistono anche limiti evidenti imposti dalla dimensione aziendale che non permette certe economie di scala possibili invece sui grandi numeri".
Secondo Duci in questa fase di mercato "stanno emergendo chiaramente tre campioni: il Gruppo Grimaldi di Napoli, il gruppo d'Amico e Costa Crociere. Sono queste le uniche realtà italiane che negli ultimi tempi hanno avviato ambiziosi programmi di sviluppo delle flotte in controtendenza rispetto a molti altri operatori alle prese con ristrutturazioni aziendali e vendite di asset. Un quarto italiano costantemente in mostra sul mercato è il Gruppo Msc che però ha sede in Svizzera anche se non bisogna dimenticare l'indotto che crea nel nostro Paese con società come Grandi Navi Veloci e Snav che sono italiane a tutti gli effetti". Il presidente dell'associazione agenti marittimi e broker genovesi intravede un futuro roseo nei prossimi anni soprattutto per il mercato dei traghetti e delle navi ro-ro impiegate nei traffici intra-mediterranei.
Positivo, in questo periodo, è anche l'andamento delle navi cisterna perché, come spiega Matteo Tomarchio, broker di banchero costa, "le navi che trasportano prodotti raffinati e greggio hanno ottenuto significativi incrementi dei noli negli ultimi mesi. A questo bisogna poi aggiungere il calo del costo del carburante navale, il basso prezzo del petrolio e lo spostamento dei maggiori centri di raffinazione in Medio Oriente, fattori determinanti per allungare il rapporto tonnellate/miglia del trasporto marittimo, aumentare i noli e migliorare i margini di guadagno per gli armatori". In particolare, secondo Tomarchio le navi che in questo momento hanno le migliori prestazioni sono le cisterne Medium Range mentre in prospettiva futura potranno generare importanti ritorni soprattutto le navi Long Range di portata ancora maggiore.
Buio profondo, invece, per gli armatori attivi nel dry bulk il cui indice Baltic Dry Index fatica a tornare stabilmente sopra i 1000 punti dopo mesi di livelli a dir poco depressi. L'armatore partenopeo Michele Bottiglieri, parla di "un mercato che non offre segnali incoraggianti, appesantito dal prezzo in calo delle materie prime e zavorrato dall'eccesso di stiva disponibile sul mercato. Neanche il ritmo attuale delle demolizioni navali è sufficiente a riequilibrare domanda e offerta". Bottiglieri sembra rassegnato all'evolversi degli eventi perché, spiega, "sarebbe ora il momento d'investire con i prezzi delle navi al minimo e invece ci si trova tutti a gestire una crisi di mercato nella quale anche le banche sono fuggite. Fra il 2005 e il 2008 ci inseguivano per darci soldi da investire e ora gli armatori sono tutti cattivi".
Che gli istituti di credito italiani e stranieri abbiano battuto in ritirata non è un mistero ma Francesco Fuselli, amministratore delegato di banchero costa ed esperto di finanziamenti navali dice che "sui pochi nomi di società italiane che investono c'è la coda di banche che vogliono prestare denaro. La finanza metterebbe a disposizione fondi per progetti validi e società solide ma il problema è che molte aziende sono ancora alle prese con ristrutturazioni o non hanno a disposizione denaro sufficiente ad avviare nuovi programmi d'investimento". Le alleanze tra fondi d'investimenti e società armatoriali sono, secondo Fuselli, "più che una possibilità, un'esigenza. Molti armatori, italiani ma non solo, non avranno probabilmente se vorranno tornare a investire nel medio-breve termine".
Il fatto che l'armamento italiano in questo periodo sia impegnato più a dismettere asset che ad acquistarne è confermato anche da Paolo Cartasegna, esperto broker di compravendita di Genoa Sea Brokers che dice: "Abbiamo ricevuto incarichi per vendere molte navi italiane non più moderne ma il mercato in questo momento è ribassista, il dry bulk soprattutto è in sofferenza, i prezzi delle demolizioni navali sono scesi e dunque i prezzi degli asset risultano in flessione".
Nicola Capuzzo
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