Per gli spedizionieri italiani e internazionali è arrivato un momento di svolta. Il crac della compagnia di navigazione coreana Hanjin Shipping, operazioni di consolidamento nel business delle spedizioni come quella fra Aprile e Savino Del Bene, noli marittimi e margini di guadagno in ribasso, sono solo alcuni dei fattori che inducono molte aziende a ridisegnare i propri progetti di crescita. Riflessioni che riguardano circa 1750 aziende di spedizione attive in Italia dalle quali viene generato annualmente un volume d'affari di circa 14 miliardi di euro (dati Fedespedi).
Fra queste ce n'è una, la a.hartrodt italiana (parte del gruppo tedesco a.hartrodt) che, nonostante le difficoltà del mercato, fa segnare numeri in crescita e mette in cantiere nuovi investimenti. "Stiamo valutando l'opportunità di acquistare nuovi spazi con magazzini nell'area di Genova", rivela infatti Maurizio Fasce, direttore regionale per il Mediterraneo e il Sud Africa della società che in Italia fattura 13 milioni di euro e movimenta annualmente circa 14mila spedizioni. "Nonostante la stagnazione del mercato, il nostro Gruppo in Italia sta crescendo in termini di merci spedite in esportazione (+13,7% quest'anno) e in importazione (+33,7%). Anche grazie a questi numeri abbiamo in cantiere nuovi investimenti e stiamo riflettendo su quali saranno le prossime linee d'azione da adottare sul mercato".
Fasce, past president dell'associazione genovese degli spedizionieri Spediporto e tuttora vicepresidente di quella nazionale Fedespedi, schematizza nel modo seguente quelli che lui definisce i "mega trend" della logistica futura: "Concentrazione dei servizi di trasporto marittimo (che per gli spedizionieri significa minori linee marittime disponibili e marginalità di guadagno ridotte), digitalizzazione e big data (vale a dire maggiore visibilità delle rate di nolo per i caricatori e perdita di business a basso valore aggiunto), gigantismo navale (che comporterà un riassetto degli hub portuali in giro per il mondo), cambiamenti nella legislazione internazionale in materia di shipping e logistica (con possibile aumento dei costi amministrativi), inversioni di tendenza dalla globalizzazione alla regionalizzazione (con conseguente possibile ridisegno delle rotte e dei traffici commerciali) e infine logistica sostenibile".
Queste nuove sfide richiedono risposte efficaci che Fasce individua nelle seguenti azioni: "Necessità di sviluppare servizi a valore aggiunto (spedizioni porta a porta e più logistica); offerta di prodotti verticali e ad alta specializzazione meno aggredibile dalla concorrenza (hartrodt ha due società dedicate alla logistica del food&beverage e all'oil&gas); sviluppare il network internazionale sia per garantire la massima presenza geografica sia per compensare gli effetti della regionalizzazione che richiederà competenze locali e creerà nuovi trade; focus sulla formazione del personale; sviluppo di alleanze strategiche; massima attenzione all'IT".
Un "piano di battaglia" accurato e dettagliato che, secondo Fasce, manca in molte Case di spedizione senza visione a lungo termine. "Nell'era della digitalizzazione e dei grandi cambiamenti che stanno investendo il nostro settore o ti adegui o sei fuori. Bisogna investire nei servizi a valore aggiunto perché quelli standard non offrono sufficienti margini di guadagno e verranno cannibalizzati dai grandi vettori marittimi", prosegue il manager di origini genovesi, che sottolinea con orgoglio di fare parte di un gruppo da 460 milioni di euro di ricavi, oltre duemila dipendenti e un Return on equity del 15,8%. "Il comparto degli spedizionieri si sta polarizzando: da un lato quelli che riescono a ottenere marginalità di guadagno elevate lavorando con clienti di un certo standing, dall'altra chi offre servizi meno personalizzati a un bacino d'utenza più ampio ma con ritorni inferiori".
Nicola Capuzzo
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