Gomme scomode s'intitola il documentario realizzato da un giovane studente campano appassionato di giornalismo. Ha trascorso una settimana a stretto contatto con gli autotrasportatori italiani e il loro duro lavoro.
"È stata una vera e propria avventura, a tratti faticosa, ma molto istruttiva, soprattutto dal punto di vista umano. L'idea è nata dai miei spostamenti in macchina per recarmi a Urbino dove studio e lungo il tragitto mi imbattevo spesso nel traffico dei mezzi pesanti; vedendo questi uomini rinchiusi in lamiere a più ruote mi sono posto delle domande: chi sono, che tipo di vita conducono, come si svolge il loro lavoro. L'unico modo per soddisfare la mia curiosità era vivere un'esperienza diretta e viaggiare con loro". Questo è quanto ha spiegato a TrasportoEuropa Gabriele Di Marzo, ventitreenne studente di San Lorenzo Maggiore (provincia di Benevento) che frequenta la facoltà di scienze politiche all'Università di Urbino.
Da sempre attratto dal giornalismo, ha realizzato per contattolab.it (portale di news ed eventi) un reportage intitolato "Gomme scomode", un'autentica immersione a trecentosessanta gradi nel mondo dei camionisti italiani. Di Marzo, per una settimana, è salito e sceso da diversi mezzi, registrando, intervistando e filmando tutti i particolari di una professione fatta di uomini che non conoscono soste e corrono sempre.
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L'inchiesta del giovane reporter evidenzia come quello del camionista sia un abito scomodo da indossare, una vera e propria passione e tradizione, spesso ereditata dai padri. Centinaia di chilometri da percorrere, un continuo sali e scendi lungo le strade italiane, senza neanche perdere un minuto, perché anche pochi secondi sono centesimi che rischiano di non entrare nel portafoglio.
E non solo. In un mercato globalizzato e in forte crisi, spesso, più macini strada e più guadagni, una paga non certo proporzionata alle ore trascorse sul posto di lavoro, tra guida e carico/scarico delle merci. Una professione – quella dell'autotrasportatore – fatta di sacrifici e rinunce, di mancanza di vita sociale e tempo libero, ma molti hanno una famiglia da mantenere e dei figli da crescere ed è per loro che si chiude un occhio di fronte a sfruttamento, diritti negati, concorrenza sleale, illegalità diffusa e minimi stipendi.
Davide Debernardi
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