Sembrerebbe una vera e propria storia di spionaggio industriale quella che nelle ultime ore sta emergendo lungo le coste californiane e che al centro vede interessi da milioni di dollari. Waymo, la divisione di Google che si occupa dello sviluppo dell'auto senza conducente, ha fatto causa ad Uber con l'accusa di aver sottratto e copiato i progetti per la tecnologia di base dei veicoli a guida autonoma. In particolare, l'accusa di Waymo è rivolta a Anthony Levandosky, un ex ingegnere dimessosi da Google ora dipendente di Uber.
Nei documenti presentati alla Corte californiana, Google sostiene che il suo ex alto dirigente avrebbe sottratto 14mila file contenenti informazioni riservate inerenti alle tecnologie usate per la guida autonoma, sfruttandole successivamente per costituire Otto, una start up del settore fondata dallo stesso Levandosky e in seguito acquistata da Uber per sviluppare anche un sistema per veicoli industriali.
Secondo l'accusa, la società Otto sarebbe riuscita a produrre in breve tempo un sistema laser (basato sulla tecnologia LiDAR) da posizionare sui tetti delle autovetture e che costituisce il fondamento delle auto del futuro, in quanto consente all'automobile di identificare gli oggetti e i pedoni a 360 gradi, grazie alla tecnica di telerilevamento che determina la distanza di un oggetto o di una superficie utilizzando un impulso laser , quindi informazioni essenziali, in aggiunta alle funzionalità delle telecamere, dei radar e dei sensori a ultrasuoni presenti a bordo.
Tutto ciò grazie ai file e documenti strettamente riservati – fra cui lo schema per la costruzione di un circuito stampato indispensabile per il funzionamento del LiDAR – sottratti da Levandosky prima di lasciare Google. La scoperta del presunto furto è avvenuta a seguito di un controllo sul computer utilizzato dall'ingegnere. I responsabili della sicurezza di Waymo hanno deciso di procedere all'analisi della macchina, quando un impiegato ha ricevuto per errore un'insolita mail inviata da uno dei fornitori dei componenti per produrre i LiDAR e che riportava come oggetto "Otto Files".
Il messaggio comprendeva un allegato contenente i progetti per il circuito stampato di LiDAR e secondo Waymo non solo sono esattamente gli schemi costruttivi di sua proprietà, ma erano anche indirizzati a soggetti inseriti nell'organico di Uber. Ma non è tutto. Gli avvocati di Waymo intravedono la premeditazione nel comportamento di Lewandosky, sostenendo che le sue azioni siano parte di un piano ben progettato e architettato.
Parrebbe, infatti, che mesi prima delle sue dimissioni, il tecnico avrebbe rivelato ad alcuni colleghi di voler replicare le conoscenze di Waymo a favore di un concorrente. Inoltre, sempre secondo Google, sembra al quanto curioso l'improvviso interesse di Uber verso il mercato della guida autonoma e una serie di coincidenze – riportate dai legali – rendono la storia ancora più intricata. Levandowski visitò la sede di Uber a San Francisco il 14 gennaio 2016, il giorno seguente avviò la fondazione di Otto e meno di due settimane dopo lasciò Google senza preavviso; ad agosto dello stesso anno Uber formalizzò l'acquisizione di Otto per 680milioni di dollari. "Prendiamo seriamente in considerazione le accuse e approfondiremo attentamente la questione" ha commentato Uber.
Davide Debernardi
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