Questo è un fascicolo aperto nel 2010 dalle Procure di Frosinone e Prato e dal 2014 anche da quella di Roma. Il culmine dell'inchiesta è avvenuto con i sigilli apposti dalla Guardia di Finanza a decine d'impianti di stoccaggio e di raffinazione di carburanti in tredici Regioni italiane per impedire l'uso dei misuratori del prodotto in uscita, che sarebbero stati manomessi per segnare meno carburante di quello effettivamente caricato sui camion.
E proprio dalle autobotti è partita l'indagine. Da alcuni anni, la Finanza ha rilevato diversi casi di camion che trasportavano più carburante di quello segnato sui documenti di viaggio. Nel tempo i Finanzieri si sono resi conto che la provenienza dei carichi era spesso un deposito o una raffineria dell'Eni, quindi hanno spostato l'attenzione sull'azienda petrolifera a livello nazionale.
Durante le ispezioni dei depositi e nelle raffinerie, la Finanza ha scoperto che alcuni misuratori dell'erogazione del carburante in uscita (le cosiddette testate) potevano essere alterati, anche da remoto, così da segnare meno carburante di quello effettivamente erogato durante la sua estrazione dai depositi fiscali, ossia quando bisogna pagare l'accisa. Ciò permetteva l'uscita di prodotto non contabilizzato, che poi era venduto in nero. Finora, gli inquirenti hanno scoperto un'evasione fiscale su quaranta milioni di litri di benzina, gasolio e gpl, per un valore evaso di dieci milioni di euro.
Al termine di questa fase dell'operazione, la Procura ha posto sotto inchiesta diciotto persone a vario titolo, tra cui direttori, responsabili operativi e dipendenti di depositi e raffinerie, nonché funzionari di uffici metrici, cui sono state contestate violazioni del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi (sottrazione di prodotto al pagamento dell'imposta, alterazione di misuratori e sigilli) e del codice penale (uso di strumenti di misura alterati, predisposizione di falsi verbali e attestazioni, abuso d'ufficio).
Lo stesso 22 novembre, l'Eni ha diffuso un comunicato in cui dichiara la sua estraneità alle condotte illegali: "Eni ha costantemente fornito all'autorità giudiziaria la massima collaborazione, con l'intento di chiarire le proprie ragioni a sostegno della correttezza del proprio operato e dell'estraneità alle presunte condotte illecite, di cui è parte offesa", scrive l'azienda. Il giorno successivo, l'Eni ha chiesto alla Procura il dissequestro degli apparecchi di misurazione per evitare il blocco delle attività di raffinazione e distribuzione del carburante (che viene fornito anche ad altri marchi).
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