Il progetto della nuova Via della Seta, meglio noto come One Belt One Road o Belt and Road Initiative, se da un lato lascia intravvedere interessanti opportunità di sviluppo infrastrutturale, dall'altro potrebbe rivelarsi anche una minaccia per il nostro Paese. In occasione di un convegno organizzato a Roma da Federagenti (Federazione nazionale agenti marittimi) il tema è stato sollevato da Pino Musolino, presidente dell'Autorità Portuale di Venezia, che ha affermato: "Che ritorno avrà l'Italia da questo progetto della uova Via della Seta promosso dalla Cina? Noi non abbiamo bisogno della mancetta dei cinesi perché l'Europa e il nostro Paese le infrastrutture possono costruirle da soli". Poi ha chiarito: "Vogliamo solo ragionare su quali vantaggi diretti possano esserci per l'Italia. Se, come afferma il presidente Xi, si tratta di un futuro di destini condivisi, vogliamo condivisione".
Gli ha fatto eco il collega del porto di Trieste, Zeno D'Agostino, che ha aggiunto: "Chi pensa che il progetto One Belt One Road riguardi solo i traffici marittimi si sbaglia. A Trieste abbiamo aziende cinesi che ci chiedono di integrarsi con il tessuto produttivo italiano per poter avere lavorazioni ad alto valore aggiunto che da sole non sanno fare".
Insomma le ambizioni della nuova Via della Seta travalicano i soli interessi relativi alla logistica e ai trasporti spaziando negli scambi commerciali e nelle politiche industriali, ma D'Agostino invita l'Italia a ragionare con la propria testa su questa materia: "Vorrei ricordare che quando Francia e Germania negli anni scorsi hanno ceduto asset importanti alla Cina l'hanno fatto in autonomia senza chiedere nulla a nessuno. Ora che i cinesi vorrebbero servire il continente passando dal Mediterraneo, l'Europa inizia a storcere il naso e porre obiezioni. L'Italia pensi con la propria testa e cerchi di capire se e quali benefici si possono avere con il progetto Obor".
Pochi ricordano però che, al di là dei grandi progetti di sviluppo inseriti nel disegno complessivo della uova Via della Seta, i cinesi da più di un anno hanno già messo un piede nella portualità italiana rilevando, tramite Cosco Shipping Ports e Qingdao Port International Development, il 49% del futuro terminal container che entro un paio d'anni sorgerà a Vado Ligure (Savona). Interessante a questo proposito il pensiero di Ivano Russo, consigliere del Ministro dei trasporti Graziano Delrio, che nella stessa occasione ha messo in guardia dall'evoluzione che sta seguendo il mercato del trasporto marittimo di container: "Fra qualche anno l'85% del demanio portuale in Italia sarà nelle mani di tre alleanze", ha ricordato citando Msc, Maersk e i cinesi di Cosco.
Nicola Capuzzo
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