L'associazione degli spedizionieri Alsea sottolinea la sentenza di appello della Commissione Tributaria della Lombardia numero 2129 del 15 marzo 208, che ridimensiona una sanzione erogata dall'Agenzia delle Dogane: l'azienda ricorrente dovrà pagare 51,50 euro (metà del minimo edittale), contro i 5.128,75 euro chiesti dalla Dogane sulla base dell'articolo 303 del Testo Unico della Legislazione Doganale. "Siamo molto soddisfatti di questa pronuncia che ci conforta nelle ragioni che più volte abbiamo rappresentato all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli fin da quando venne introdotta, nel 2012, l'attuale versione dell'articolo 303 del TULD che detta, appunto, le sanzioni in Dogana", afferma dice Betty Schiavone Presidente di Alsea. "Quanto dispone quell'articolo è, a nostro avviso, chiaramente vessatorio perché prevede sanzioni sproporzionate e non contempla gli errori casuali penalizzando le aziende oneste, soggette come tutti ad errori spesso marginali, danneggiando il nostro commercio con l'estero".
Sulla questione è intervenuto anche il presidente di Confetra, Nereo Marcucci, chiedendo all'Agenzia delle Dogane di riaprire la discussione sulle modifiche all'impianto normativo. Secondo l'avvocato Maurizio Leo, socio dello Studio legale che ha assistito l'impresa nel ricorso, questa sentenza "può rappresentare un importante precedente con riferimento ad altre controversie che sono state o potrebbero incardinarsi con riferimento alla medesima questione. Nel contempo, ci si auspica che il futuro Governo si dia carico di questo problema, per evitare ingiustificate vessazioni nei confronti dei contribuenti".
L'articolo 303 riguarda le sanzioni comminate nel caso di errori nelle dichiarazioni inerenti la qualità, quantità e valore delle merci. In base al testo introdotto dalla Legge numero 16 del 2 marzo 2012, se le dichiarazioni relative alle merci destinate alla importazione definitiva, al deposito od al transito (esterno) non corrispondono all'accertamento, il dichiarante è punito con la sanzione amministrativa da 103 a 516 euro a meno che l'inesatta indicazione del valore non abbia comportato la rideterminazione dei diritti di confine nel qual caso si applicano le misure sanzionatorie più gravi di cui al comma 3 dell'articolo, che possono arrivare a 30mila euro.
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