Può il passaggio di un camion causare il crollo di un viadotto autostradale lungo 1200 metri? La logica e l'esperienza fornirebbero una risposta negativa, eppure per ben tre volte qualcuno ha affermato che l'innesco del crollo Morandi deriva dal transito di un veicolo industriale. L'indice mostra un autoarticolato in particolare: quello della MCM Autotrasporti di Novi Ligure che è caduto insieme al ponte mentre trasportava un coil dell'Ilva da Genova a Novi Ligure. Già una volta questo veicolo è stato accusato di avere potuto causare il crollo del viadotto, forse in analogia con quanto avvenuto sul cavalcavia Annone, in Lombardia, ceduto quando un altro articolato carico di coil vi passò sopra, causando la morte di un automobilista che viaggiava sulla sottostante Statale. Ma quella situazione era completamente diversa, perché il veicolo pensava oltre cento tonnellate (rispettando il Codice della Strada) e il ponte era un breve viadotto, di cui era già stata segnalata la precaria condizione.
La nuova accusa contro il camion viene da Agostino Marioni, che è stato interrogato dai magistrati che indagano sul crollo del ponte Morandi, perché nel 1993 era il titolare dell'impresa Alga, che rinforzò la pila 11 del viadotto Polcevera. Secondo una nota dell'Ansa del 3 novembre 2018, Marioni avrebbe dichiarato ai giudici: "In un primo momento avevo pensato che la causa del crollo del Morandi fosse la corrosione degli stralli. Poi vedendo alcuni video ho iniziato a ipotizzare che a far collassare il viadotto potrebbe essere stata l'eventuale caduta del rotolo di acciaio trasportato dal camion passato pochi secondi prima". L'ingegnere fornisce anche una spiegazione tecnica alla sua affermazione: "Secondo i calcoli che ho fatto, se il tir, che viaggiava a una velocità di circa 60 chilometri orari, avesse perso la bobina da 3,5 tonnellate avrebbe sprigionato una forza cinetica pari a una cannonata. Verificarlo è semplice: basta controllare se sulla bobina ci sono tracce di asfalto".
Subito dopo la diffusione di queste dichiarazioni, uno dei titolari della MCM Autotrasporti, Silvio Mazzarello, ha smentito che una bobina d'acciaio sia caduta dai due suoi camion che quella mattina hanno percorso il ponte Morandi: uno quello caduto con il viadotto e l'altro transitato pochi minuti prima del disastro: "La bobina era ancora sul semirimorchio, nel proprio alloggiamento, quando il tir è finito sotto il ponte Morandi. Lo si capisce da come si è deformata e dallo stato del mezzo. Tutto è documentato dalle foto della Polizia". Mazzarello precisa che il primo suo camion era transitato sul Morandi circa due minuti prima del crollo ed è giunto regolarmente a destinazione: "Da questo trasporto non abbiamo ricevuto alcuna segnalazione".
Il secondo autoarticolato della MCM Autotrasporti era guidato da Giancarlo Lorenzetto ed è precipitato insieme con una sezione del ponte. Dopo l'impatto, l'autista è rimasto solo lievemente ferito e dichiarò pochi giorni dopo l'evento che il suo veicolo rispettava ai limiti di peso imposto dal Codice della Strada. Mazzarello aggiunge che in 45 anni di attività l'azienda di autotrasporto ha portato milioni di chili di coil senza alcun inconveniente, precisando che "tutta la documentazione sul peso caricato, 30 quintali, era in regola. Così come la velocità, 29 chilometri orari. Dalla Polizia, cui abbiamo trasmesso tutti i dati, non abbiamo ricevuto verbali né altre notifiche, se non quella del sequestro di mezzo e carico".
Già nei primi giorno il crollo era emersa l'ipotesi di un camion che avrebbe potuto scatenare l'evento, ma finora la Procura non sembra aver dato credito a questa possibilità. Per ora, il Procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi, non ha rilasciato dichiarazioni sulle dichiarazioni di Marioni. Intanto proseguono gli interrogatori delle persone informate sui fatti: oggi sarà ascoltato un tecnico di Spea e domani un dipendente della Società Autostrade che si occupa di analisi delle infrastrutture. Prosegue anche la perizia sui reperti recuperati.
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