La Torino-Lione è una scommessa. Ha senso in primo luogo per chi crede all'importanza di un riequilibrio modale tra strada e ferrovia, per ragioni ambientali e di congestione del traffico. Viene meno, in parte, per chi guarda alla fredda realtà dei numeri e alle prospettive plausibili dell'incremento dei trasporti. I numeri, come spesso accade, possono essere letti in un senso o nell'altro, e la stessa, ormai famosa analisi costi-benefici commissionata dal ministero delle Infrastrutture al team guidato da Marco Ponti ne offre una conferma.
Se si parte dal presupposto di arrivare alla quota paritaria (50% ciascuno) tra ferro e gomma, come indica, anche se vagamente, l'Unione Europea, non c'è storia: il tunnel di base serve per mettere definitivamente da parte una ferrovia ottocentesca, ormai superata, non concorrenziale e priva di prospettive. Questo ovviamente partendo dal presupposto che lungo tutti i singoli itinerari e non genericamente lungo l'arco alpino nel suo complesso si arrivi a questa percentuale di suddivisione modale. In caso contrario, se l'unica prospettiva è quella di garantire collegamenti efficienti, qualunque essi siano, allora le cose cambiano. Ma è indispensabile fornire qualche numero.
Partiamo dalla realtà attuale sui dati del 2016. Il traforo del Frejus ha visto il passaggio di 2000 mezzi pesanti di media al giorno, mentre quello del Monte Bianco, poco meno, attestandosi a 1600. Ma spiccano i 5000 veicoli industriali che hanno scelto il transito autostradale di Ventimiglia, giustificato in parte dalle relazioni verso il sud della Francia e la penisola Iberica, ma anche per il fatto che questo percorso - seppure meno diretto - risulta più economico prevedendo solo il pagamento del pedaggio autostradale e non quello dei trafori. Il varco di Ventimiglia figura al secondo posto per mole di traffico lungo tutto l'arco alpino, preceduto dai 6300 mezzi pesanti che transitano dal Brennero.
Ebbene secondo un rapporto europeo, il Brennero è il più trafficato valico tra Italia e Austria, ha un indice di congestione bassissimo (0,19%): questo significa che raramente si sono registrate perturbazioni significative per la la circolazione. Nella relazione costi-benefici, tra l'altro, si fa una stima teorica della capacità di transito nel tunnel del Frejus, rispettando tutte le norme di circolazione in termini di velocità e distanza di sicurezza e in un arco limitato a 18 ore al giorno. Si arriva a 13.500 veicoli nel complesso (e quindi si sfiorerebbero i cinque milioni l'anno), ben al di sotto della richiesta attuale di passaggi, e quindi senza rischi di congestione anche futura. Oltretutto con la seconda canna autostradale, quasi pronta, aumenterebbero ulteriormente i margini di sicurezza.
Sempre sul tema della congestione e dell'inquinamento viene fatta un'altra considerazione. Sotto il Frejus, come si è visto, passano 2000 mezzi pesanti al giorno, mentre la tangenziale di Torino viene percorsa da circa 60mila camion al giorno. Quindi anche nell'ipotesi di dimezzare il transito camionistico al Frejus e anche al Monte Bianco, a favore della ferrovia, il beneficio sul nodo torinese risulterebbe modesto, valido statisticamente ma non percepito nella pratica. Beneficio sia in termini di congestione, sia di inquinamento.
Mettendo insieme tutti questi numeri, e volendo tirare una conclusione, emerge come occorre partire a monte da una domanda: i tre milioni di veicoli industriali che valicano ogni anno la frontiera tra Italia e Francia (il 90% dell'intercambio con questa modalità) sono una realtà accettabile o, come minimo, tollerabile anche in prospettiva, o occorre modificare il mix tra ferro e gomma come richiedono le più evolute esigenze ambientali e le indicazioni che vengono dall'Unione Europea? Pur lasciando da parte gli aspetti economici (costi, risorse, investimenti), a questa domanda è legato, almeno dal punto di vista trasportistico, il futuro della nuova Torino-Lione.
Piermario Curti Sacchi
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