Il 9 settembre 2019 il porto di Ravenna è rimasto senza timonieri, a causa della sospensione della carica decisa dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti del presidente Daniele Rossi, del segretario generale Paolo Ferrandino e del dirigente tecnico Fabio Maletti. Il provvedimento è stato chiesto dalla Procura, che sta indagando sul parziale affondamento della nave Berkan B, che ha causato l'uscita d'idrocarburi. I tre dirigenti del porto sono indagati per inquinamento ambientale, abuso e omissione di atti d'ufficio. Il Gip Janos Barlotti ha deciso un anno di sospensione, alla vigilia della Conferenza dei servizi programmata per il 18 settembre, un appuntamento importante nell'ambito del progetto di hub portuale che prevede il dragaggio dei fondali e la realizzazione di nuovi spazi per attività logistiche. Senza questa conferenza, infatti, non si possono pubblicare i bandi per assegnare i lavori. Ora, per proseguire l'attività dell'Autorità bisogna attendere la nomina di un commissario da parte del ministero dei Trasporti.
Sulla vicenda è intervenuto il presidente di Federagenti Gian Enzo Duci, che ricorda le altre vicende giudiziarie che coinvolgono i porti italiani, tra cui quelli di Livorno (dove recentemente il presidente dell'Autorità è stato reintegrato dopo un'interdizione), Napoli, Bari, Brindisi e Gioia Tauro, mentre ci sarebbero "rumors che riguardano anche altre Autorità di Sistema Portuale in particolare nel nord della Penisola". Duci dichiara che "i casi sono due: o il Ministro Delrio nella scelta dei presidenti e dei segretari delle Autorità di Sistema Portuale ha sbagliato tutto assegnando la governance dei porti a incompetenti o disonesti; oppure la riforma portuale colloca, per la sommatoria di norme e competenze, i vertici delle Autorità di Sistema Portuale in una posizione di martirio certo. Tertium non datur se non l'eventualità di affidare direttamente a magistrati inquirenti la guida di tutta la portualità italiana".
Secondo il presidente di Federagenti, si starebbe consumando nei porti "una vera e propria carneficina dei quadri dirigenti che dovrebbero guidarli in un momento per altro delicatissimo in cui le opportunità di ripresa potrebbero trasformarsi nel giro di poche settimane in clamorosi autogol. Oggi, e non è un paradosso, solo un manager con vocazione al martirio o un dirigente che non abbia nulla da perdere e che comunque non possa sperare in nessuna crescita professionale, potrebbe ragionevolmente accettare una carica, a decisione limitata e a rischio illimitato. Una carica che, alla luce dei fatti, della proliferazione delle inchieste giudiziarie, del recente caso Ravenna e dei rischi penali, è lo specchio di una riforma portuale fallita".
L'associazione degli agenti marittimi denuncia "quella che è ormai una libanizzazione del sistema portuale e le conseguenze che ne stanno già derivando, sia per il blocco di importanti lavori infrastrutturali, sia per la comprensibile e ormai quasi generalizzata tendenza dei vertici, ancora non travolti da inchieste, ad assumere qualsivoglia decisione e a ufficializzarla con una firma". Federagenti chiede quindi una misura d'emergenza per evitare che i porti diventino "la causa del più importante e insanabile blackout del sistema economico nazionale".
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