L’epidemia del coronavirus Covid-19 sta cominciando a colpire in modo rilevante anche la logistica europea. Dopo il trasporto aereo delle merci, che ha già subito il crollo della stiva belly e una forte riduzione di quella cargo da e per la Cina, il coronavirus sta toccando anche quello dei container, a causa della sospensione di rotte e toccate attuata dalle principali compagnie marittime. Il 12 febbraio il Freight Leaders Council ha diffuso una stima sulle conseguenze per i porti italiani, che cominceranno ad apparire già alla fine di febbraio se la situazione in Cina non migliorerà. I porti ritenuto strategici, primo tra tutti quello di Genova, potrebbero subire una riduzione dei traffici container fino al venti percento, con effetto domino sull’intera filiera del trasporto e della logistica. Non solo: la mancanza di approvvigionamenti di componenti e semilavorati cinesi potrà ridurre la produzione degli stabilimenti italiani.
“Stiamo monitorando costantemente la situazione, che per il momento rimane sostanzialmente invariata grazie al flusso delle scorte che riforniscono i mercati”, spiega Massimo Marciani, presidente del Freight Leaders Council. “Tuttavia i disagi per le nostre aziende impegnate a vario titolo nella supply chain sulla direttrice Cina-Italia sono già iniziati. Se l’emergenza coronavirus non cesserà al più presto, permettendo alla Cina di riattivare la produzione industriale almeno entro il mese di febbraio, la logistica italiana rischia di pagare un conto molto salato”. Il Freight Leaders Council ricorda che dalla Cina arrivano in Italia, soprattutto in container marittimi, prodotti tessili e abbagliamento, computer e elettronica, macchinari e manufatti in plastica e metallo, mentre dalla penisola escono prodotti della chimica, farmaceutica, veicoli, mobili e abbigliamento. Tradotto in cifre, ciò significa 1,1 milioni di teu in entrata e 800mila in uscita, sul totale annuo di 10,8 milioni di teu.
Il trasporto dei container sta subendo un altro effetto negativo del Covid-19: l’accumulo dei container nei porti cinesi, causato sempre dalla riduzione delle partenze e degli arrivi delle navi e dalla carenza di veicoli per inoltrarli nell’entroterra. Il problema è già stato sottolineato dagli spedizionieri, che hanno dichiarato di non voler pagare questo parcheggio forzato, ma ora sta assumendo anche una dimensione operativa. La compagnia marittima Apl ha comunicato ai clienti che in alcuni importanti porti cinesi non c’è più disponibilità di prese elettriche per container refrigerati, quindi i carichi dovranno essere reindirizzati al costo di mille dollari per contenitore. Questo provvedimento riguarda per ora i porti di Shanghai, Ningbo e Xingang. Lo stesso ha annunciato Maersk, limitando il sovrapprezzo a Shanghai e Xingang.